CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
REGOLE DELL’ACQUA
REGOLE PER LA VITA
Primo Forum Internazionale 27-28 settembre 2017 MILANO
- ITALIA
Sotto gli auspici della Presidenza italiana del G7
DIRITTO ALL’ACQUA
DIRITTO ALL’ACQUA
LA NUOVA GENERAZIONE DEI DIRITTI
LA RISOLUZIONE SUL DIRITTO ALL’ACQUA
L’AGENDA 2030
CINQUE PROPOSTE
DIRITTO ALL’ACQUA[1]
Il riconoscimento concreto del diritto all’acqua è un obiettivo imprescindibile del prossimo
futuro. Siamo determinati a perseguirlo.[2]
Gli Accordi internazionali,
le Risoluzioni, i Trattati esprimono la visione politica dei paesi che li approvano. La legislazione internazionale talvolta
è incerta, poiché
nasce dal rapporto
di forze tra soggetti di varia natura e con diverso orientamento. [3]
LA NUOVA GENERAZIONE DEI DIRITTI
Il carico antropico
crescente, l’impatto dell’azione umana sul pianeta e l’ipersfruttamento delle risorse
impongono una riflessione sulla compatibilità delle soluzioni adottate sino ad ora con la sopravvivenza
della specie umana sul pianeta.
La difesa dei diritti dell’uomo è divenuta, nella modernità, la difesa dei diritti della natura. Il pianeta sopporterà l’uomo se l’uomo sopporterà di rinunciare alla propria supremazia sull’ambiente. Una produzione normativa chiara, che guardi oltre, che si ponga a garanzia di una visione ecosistemica, deve fondarsi
sulle antiche conoscenze, tradotte sino all’attualità dalle popolazioni indigene, piuttosto
che sulle esperienze maturate dai Movimenti popolari.[7] Una svolta epocale, che stravolge radicalmente il modo di proporre soluzioni, che
pone in campo nuovi interlocutori e i valori di cui sono portatori. Una
nuova visione per una nuova generazione di diritti nella quale gli elementi della natura sono soggetti del diritto e non semplicemente risorse al servizio
dell’uomo.
Da qui il ruolo centrale dei Governi, la cui azione politica dovrà essere orientata in via prioritaria alla tutela, all’applicazione e al loro riconoscimento di tali diritti.
Il collasso dei sistemi
ambientali[8] su scala globale
e la fragilità delle città, la carenza di acqua e di cibo sono dovuti in buona parte all’azione dell’uomo.
Da sempre la scarsità genera nelle comunità
una corsa all’accaparramento,
che minando la pace impone una crescita militarizzata, legittimata
da
una legislazione internazionale
di cd. diritto primitivo[9]. Bisogna invertire la tendenza. Dobbiamo superare il paradigma secondo il quale per avere progresso e sviluppo è necessario sacrificare l’ambiente e le persone. “Se la rispettiamo,
la Terra provvederà ai nostri bisogni. Se restituiamo al terreno abbastanza nutrimento sotto forma di materia organica, il suolo diventerà più fertile. Se immettiamo più acqua nel ciclo idrologico, avremo più acqua nei pozzi e nei fiumi
per soddisfare i nostri bisogni. Se la nostra specie vuole sopravvivere dobbiamo
fare pace con la Terra e creare delle comunità per proteggerla.
I diritti della Terra includono anche i diritti degli esseri umani derivanti da Madre Terra, cioè il diritto all’acqua e al cibo, alla salute e a un ambiente sano, il diritto
ai beni comuni[10]”: fiumi, laghi, sorgenti, falde, sementi, biodiversità, atmosfera. Le Costituzioni dei paesi devono contemplare i diritti della Natura[11], i Governi
devono esserne
i garanti. “Riconoscere i diritti della Terra contribuisce anche a riconoscere i diritti delle culture
e delle comunità
che hanno sempre rispettato la Terra, come le tribù indigene e le comunità
prevalentemente femminili. Riconoscere il diritto della Terra significa riconoscere i diritti delle donne, del loro sapere, della loro creatività, del loro lavoro nell’economia della natura e in quella del sostentamento[12]”. “Riconoscere i diritti della Terra significa anche riconoscere i diritti delle generazioni future, perché la continuità della vita nella natura è alla base delle continuità della vita umana[13]”. La consapevolezza maturata è l’occasione per un cambiamento culturale, che trasformi la logica della competizione in un processo di cooperazione, modificando le dinamiche
di prevaricazione
in percorsi d’inclusione, che guardano alla terra e all’uomo.
LA RISOLUZIONE SUL DIRITTO ALL'ACQUA
Ma le nuove visioni
sono il frutto di un lungo lavoro, di un processo evolutivo, di passi in avanti che possiamo intravedere nel futuro.
Allo stato è necessario sviluppare un impegno su più piani: dare seguito alle azioni avviate, quale l’Agenda 2030[14], con particolare
riferimento al riconoscimento sostanziale del diritto umano all’acqua, e porre le basi conoscitive per la rivoluzione culturale auspicata.
Il 28 luglio del 2010 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha riconosciuto l’acqua come diritto umano[15]. La Risoluzione è un atto di soft law[16], pertanto privo di efficacia vincolante, ma è anche un passo politico particolarmente significativo.
La Risoluzioni ha avuto un periodo di lunga gestazione iniziata con la Dichiarazione universale dei diritti umani nel 1948, che all’art. 25 contiene un riferimento implicito all’acqua laddove
recita che: ogni individuo ha diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia. Un analogo riferimento implicito appare a distanza di quasi vent’anni nell’InternationaL Covenant on Economic, Social e Cultural Right del 1966. Ma è dagli anni 70 che si inizia a elaborare la categoria dei “diritti di terza generazione”[17].
È il 1977 l’anno in cui la Conferenza delle Nazioni Unite di Mar del Plata, in Argentina, si occupa dei problemi relativi
alle risorse idriche. Nel 1992 la Conferenza sull’acqua e l’ambiente di Dublino riconosce il diritto
all’acqua, ma, mediando sul significato, attribuisce valore economico alla risorsa quando afferma che deve essere venduta a un prezzo accessibile[18].
Dagli anni 2000 il dibattito si fa più acceso. Mentre si rafforza l’idea della necessità di riconoscere il diritto all’acqua, il 5° World Water Forum, conferenza in cui la voce delle multinazionali
del settore idrico e della Banca Mondiale ha un ruolo centrale, definisce
l’acqua un “bisogno” ovvero una merce, un bene da assoggettare alle regole di mercato.
Nel luglio del
2010
l’Assemblea
Generale delle
Nazioni Unite adotta
la
Risoluzione
64/92,
che riconosce l’accesso ad un’acqua sicura e pulita
e all’igiene come diritto umano. Ma il dibattito sul riconoscimento del Diritto all’acqua sul piano sostanziale, oltre che formale, è tutt’altro che superato.
La Risoluzione è stata approvata con 122 voti favorevoli, nessun contrario e 41 astenuti. Il dato più rilevante è che tra i paesi che hanno approvato la decisione troviamo essenzialmente i paesi impoveriti. Gli astenuti, invece, sono la maggior parte dei paesi geograficamente europei o politicamente affini,nonché paesi di indubbio rilievo economico e politico su scala internazionale
quali gli Stati Uniti, il Canada, il Regno Unito e il Giappone, tutti componenti del G7[19]. Riconoscere concretamente il diritto all’acqua senza il sostegno dei Paesi che esercitano una grande influenza sul piano globale appare assai arduo.
L'AGENDA 2030
Lasciano ben sperare i passi in avanti compiuti
successivamente dalle Nazioni Unite, nel corso del 2013, quando la terza Commissione ha approvato all’unanimità un documento da sottoporre all’Assemblea
Generale per riaffermare la risoluzione del 2010, nonché l’Agenda degli Obiettivi
sostenibili post 2015
che
prevede per la prima
volta la concretizzazione del diritto umano all’acqua e ai servizi igienico- sanitari.
Bisogna dar seguito alle azioni programmate per fronteggiare l’impatto dei cambiamenti climatici e garantire un’equa distribuzione della risorsa. La scarsità d’acqua dolce
sul pianeta è strettamente connessa, oltre che ai fattori naturali, all’elevato utilizzo umano nel settore agricolo, per gli usi civili e nell’industria. Entro il 2030 bisognerà far fronte
ad una carenza idrica del 40%[20]. Lo si potrà fare migliorando l’efficienza nell’utilizzo dell’acqua e individuando fonti alternative. Ma l’emergenza è già di 1,8 miliardi di persone, che non hanno accesso affidabile ad acqua di buona qualità e 1 miliardo d’individui, che è privo di servizi igienici. Bisogna intervenire subito. “Siamo determinati”.
Gli obiettivi dell’Agenda 2030 sono chiari e vanno attuati con azioni concrete, che mirino
a garantire le necessità delle generazioni presenti e future,
che valorizzino e sostengano un uso diffuso
delle tecnologie compatibilmente con gli equilibri
della natura, che puntino
alla pace tra i popoli.
Da qui la necessità di tracciare, in linea con gli obiettivi
dell’Agenda, un percorso da seguire, che garantisca il diritto
all’acqua attraverso la promozione, la protezione,
la prevenzione,
la partecipazione e la prossimità[21].
CINQUE PROPOSTE
PROMOZIONE: perché bisogna conoscere il sacrificio delle donne portatrici d’acqua, per comprendere che la disponibilità d’acqua è una condizione di sopravvivenza[22]. L’acqua è un diritto e il costo va sostenuto con
l’impegno d’un Partenariato Pubblico Pubblico; l’acqua non può avere un prezzo, i diritti non si comprano[23]. È immorale imporre
nei paesi impoveriti l’uso insostenibile di schede prepagate, per accedere alla fontanina del villaggio[24]. Genera disperazione.
Bisogna sviluppare nuovi modelli di partenariato/alleanza tra pubblico e privato, laddove
il privato deve impegnarsi sulla ricerca di soluzioni, di tecnologiche e di rimedi ponendosi al servizio dell’uomo reinterpretando la funzione dell’impresa; l’impegno per la tutela, per l’efficientamento e per l’affidabilità dell’acqua impongono un progresso nelle conoscenze scientifiche e la produzione delle sue applicazioni.
Gli avvocati, quali difensori dei diritti, devono impegnarsi in azioni concrete di tutela dei più deboli e nella diffusione della conoscenza. Gli avvocati sono interpreti necessari per la promozione e lo sviluppo di relazioni ai tavoli,
che devono favorire la costruzione d’un equilibrio
tra gli attori dei diversi ambiti.
PROTEZIONE: perché il furto, l’inquinamento, il bioterrorismo sono atti e crimini dai quali difendere l’acqua con le soluzioni strutturali possibili con l’impiego di moderne tecnologie. La costruzione delle dighe deve essere limitata e la gestione di quelle esistenti
deve essere rivista imponendo alle popolazioni
a monte di garantire risorse idriche alle popolazioni a valle, affinché l’acqua non diventi occasione di conflitto, ma sia fonte di pace. Si batteva per questo Berta Càceres, uccisa nel 2016 per il suo impegno a tutela dell’ambiente e dei diritti
umani[25]. Per queste ragioni, i paesi devono programmare Strategie energetiche sostenibili e sicure riscrivendo le regole del settore, col coinvolgimento di tutti gli attori dei processi.
Le legislazioni, da calibrare scientificamente, impongono una centralità del ruolo dell’avvocatura, che deve rendere disponibili le sue migliori professionalità. Gli avvocati devono dare il proprio contributo, poiché bisogna approvare norme, che diano certezze di lungo periodo fornendo linee di sviluppo energetico e idrico chiare per
il futuro dei Paesi. La temporaneità delle norme è
causa di gravi inefficienze e incertezze negli operatori, che vanno sostenuti con legislazioni, che guardino lontano e siano portatrici di una visione che garantisca
l’efficacia, l’efficienza e la sostenibilità ambientale, nonché sociale, dell’azione.
PREVENZIONE: perché è necessario programmare una continuità nella disponibilità
delle risorse idriche, per assicurare la qualità della vita di ognuno e la maggior tutela delle donne e delle bambine, che sono
più
vulnerabili. L’uomo
può gestire il rapporto con la natura imitandola e collaborando con essa[26]. I
servizi igienici vanno sostituiti o realizzati con soluzioni, che consentano il recupero del materiale organico
e evitino l’uso dell’acqua. Le tecnologie per la depurazione
devono lasciare il passo a sistemi di riciclo dei reflui destinandoli al nutrimento della terra[27]. Il bilancio idrico può essere migliorato con l’efficientamento e la realizzazione diffusa di nuove soluzioni, che riducano la pressione
dei prelievi dalle fonti[28]. I distilatori solari usano energia rinnovabile, per prelevare acqua marina, farla evaporare e restituirla per i terreni agricoli sotto forma di acqua distillata; lo stesso percorso che fa la pioggia[29]. Dobbiamo assicurare attraverso la creazione di una rete di protezione civile internazionale
dedicata all’acqua la disponibilità
della risorsa anche in
caso
calamità
naturali
come terremoti, alluvioni,
eruzioni e maremoti, per garantire
la sopravvivenza dei
superstiti nell’immediato e nei
periodi successivi, finché non sia rientrata l’emergenza.
PROSSIMITÀ: perché la cura dell’acqua è propria delle comunità. Bisogna valorizzare la conoscenza indigena[33], che si fonda su un sistema
di valori, che conferisce un ruolo particolare alla tutela delle risorse naturali e della biodiversità. Bisogna rafforzare il ruolo degli enti locali[34], più vicini alle persone e capaci di comprenderne le necessità[35]. “La rarefazione dei luoghi di socializzazione in molte aree urbane frappongono ostacoli all’accesso dei cittadini
organizzati ai processi decisionali”, “la costruzione, per ogni azione pubblica, di spazi di pubblico confronto […] vanno nella direzione di ridurre l’ineguaglianza”. Gli avvocati devono elaborare soluzioni giuridiche moderne, che riconoscano il valore dell’ascolto, e rendersi parte attiva nella costruzione dei luoghi, ponendosi come interpreti del pensiero delle comunità colmando il vuoto determinato dalla debolezza o l’inesistenza dei corpi
intermedi. Bisogna tornare a guardare da vicino, per comprende che l’acqua non può essere occasione di speculazione, ma fonte di vita e di pace.
L’avvocatura è essenziale nella costruzione normativa della nuova visione. La legislazione ambientale dei Paesi, salvo casi, tende alla frammentazione dell’ecosistema
per settore e non riesce a soddisfare la necessità di disciplinare i rapporti con un bene che è unico per natura, generando criticità applicative. La revisione
delle normative ambientali impone il coinvolgimento degli avvocati, che per struttura e contiguità
sono in grado di leggere la concretezza
della realtà sulla quale disegnare e farvi aderire una “nuova generazione dei diritti” ambientali.
PARTECIPAZIONE: perché “la capacità di ciascun cittadino di esprimere e far valere la propria opinione sull’operato dei governi rappresenta l’anima stessa della democrazia[30]”. Sull’intero pianeta sono nati Movimenti popolari[31]
a tutela dell’ambiente e dei diritti fondamentali, a partire dal diritto all’acqua, che hanno maturato esperienze e conoscenze delle quali sino ad ora s’è fatto a meno fallendo in molti
obiettivi. Bisogna condividere i percorsi. I Forum alternativi dei Movimenti per l’Acqua[32]
ne sono l’occasione.
Gli avvocati sono per vocazione e funzione sociale dei mediatori tra le parti. E per vocazione sono storicamente in prima linea nei percorsi di rinnovamento,
di cambiamento e trasformazione delle relazioni
degli attori sociali. La mediazione favorisce la pace e redime i conflitti in atto. Il ruolo degli avvocati è essenziale quando le soluzioni
condivise vanno affiancate da un sistema di norme, che disciplinino e riorganizzino.
E gli avvocati devono condividere la guida dei processi a garanzia del perseguimento degli obiettivi.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE E TESTI CONSULTATI
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Ed. Blu 2003
Diritto e pace nelle relazioni internazionali. Hans Kelsen ed.
Giuffré, 2009
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Fare pace con la Terra . Vandana Shiva. Ed Feltrinelli, 2012
Diritti umani e diritto internazionale. Rivista. Ed. Franco
Angeli, 2007
Smog sull’attica. Karl-Wilhem Weeber. Ed Garzanti, 1991
The collaps of complex societies. Joseph Tainter. Ed.
Cambridge University Press, 1988
Limits to Growth. Jorgen Randers. Ed Mondadori,
2006
Il diritto dell’umanità all’ambiente. Marco Mancarella. Ed
Giuffré, 2004
Monoculture della mente. Vandana Shiva. Ed. Bollati e
Borlinghieri, 1995
Le vie dell’acqua. Tra diritti e bisogni. M. Montalto e A. Pecoraro Scanio Ed Alegre, 2006
Eco Economy. Lester Russel Brown Editori Riuniti, 2002
L’acqua è di tutti. M. Montalto Ed. Ancora del Mediterraneo
2010
Bilancio terra. L. Brown e J Larsen ed. Ambiente 2003
Filosofie dell’ambiente. Serenella Iovino. Ed.
Carocci 2003 Collasso. Jared
Diamond. Ed. Einaudi 2005
Gaia. James Lovelock. Ed. Bollati e Borlinghieri, 2011
Conte, Giulio. Nuvole e sciacquoni Milano: Edizioni
Ambiente, 2008
Risoluzioni Assemblea Generale delle Nazioni Unite
•
Piano d'azione Mar del Plata adottato dalla Conferenza sull'acqua delle Nazioni Unite (Mar della Plata,
1977) - Resolution n . 32/158 - 19 December 1977
•
Dichiarazione
di Rio sull'ambiente e lo sviluppo sostenibile (1992)
•
Risoluzione dell'Assemblea ONU
A/RES/58/217 - 23 December 2003 "The International
Decade for
Action, Water for Life 2005-2015"
• Proposta di risoluzione ONU A/64/L.63/Rev.1 - 26 July 2010 (con traduzione "Il diritto
umano all'acqua
e ai servizi igienico-sanitari
di base")
• Risoluzione ONU A/RES/64/292 - 28 July 2010 "The human right to water and sanitation"
• Risoluzione ONU A/RES/68/157 - 18 dicembre 2013 "The human right
to safe drinking
water and sanitation"
• Risoluzione ONU A/RES/70/1
- 25 settembre 2015 - "Transforming
our world: the 2030 Agenda for
Sustainable Development "
•
Risoluzione ONU A/RES/70/169
- 17 dicembre 2015 "The human rights to safe drinking water and
sanitation"
Risoluzioni del Consiglio dei diritti umani
•
Commento Generale n. 15 (2002)
del Comitato sui diritti economici, sociali e culturali sul diritto
all'acqua (articoli 11 e 12 del Patto Internazionale sui
diritti economici, sociali
e culturali)
•
Risoluzioni del Consiglio n. 7/22 - 28 marzo 2008; n. 12/8 - 1 October 2009; n. 15/9 - 30 settembre 2010
riguardanti
"Diritti umani e accesso all'acqua potabile sicura ed ai servizi
igienici"
•
Risoluzione del Consiglio
n. 27/7- 2 ottobre 2014 riguardante
"Il diritto umano
all'acqua potabile e ai
servizi igienici"
•
Risoluzione del Consiglio
n. 33/10 - 29 settembe 2016 riguardante "I
diritti umani all'acqua
potabile e ai
servizi igienici".[i]
[1] “Diritto all’acqua” in lingua italiana è un’espressione con due
significati: può essere letta in senso giuridico, inteso come insieme di norme,
in inglese Right to Water, o nel senso d’indicare la direzione nella quale
andare, in inglese straight to water
[2] Il testo riprende l’espressione solenne “siamo determinati” evocata
più volte nella Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
il 25 settembre 2015 “Trasformare il nostro mondo: l’agenda 2030 per lo sviluppo
Sostenibile”, che nell’assumere
impegni e definire gli obiettivi dichiara: “siamo determinati a porre fine alla
povertà e alla fame, in tutte le loro forme e dimensioni e ad assicurare che
tutti gli esseri umani possano realizzare il proprio potenziale con dignità e
uguaglianza in un ambiente sano; siamo determinati a proteggere il pianeta
dalla degradazione, attraverso un consumo e una produzione consapevoli,
gestendo le sue risorse naturali in maniera sostenibile e adottando misure
urgenti riguardo il cambiamento climatico in modo che esso possa soddisfare i
bisogni delle generazioni presenti e di quelle future; siamo determinati ad
assicurare che tutti gli esseri umani possano godere di vite prosperose e
soddisfacenti e che il progresso economico, sociale e tecnologico avvenga in
armonia con la natura; siamo determinati a promuovere società pacifiche, giuste
e inclusive che siano libere dalla paura e dalla violenza. Non ci può essere
sviluppo sostenibile senza pace, né la pace senza sviluppo sostenibile; siamo
determinati a mobilitare i mezzi necessari per implementare questa Agenda
attraverso una Collaborazione Globale per lo sviluppo Sostenibile, basata su
uno spirito di rafforzata solidarietà globale, concentrato in particolare sui
bisogni dei più poveri e dei più vulnerabili e con la partecipazione di
tutti i paesi, di tutte le parti in
causa e di tutte le persone.
[3] Nella formazione delle norme i tavoli di trattative subiscono
influenze esterne sin dalle fasi di studio, approfondimento ed elaborazione
delle ipotesi in campo. Gli atti finali si basano su elementi raccolti, sulle
informazioni acquisite e i dati
elaborati ai quali è riconosciuto
valore. La scelta delle fonti alle quali affidarsi e dalle quali assumere dati
è una decisione sia tecnica che politica. La visione politica che s’intende
proporre può condizionare la selezione delle fonti alle quali riferirsi, al
fine di fondare tecnicamente la decisione. Le forze in campo premono, per
proporre ognuna la sua visione e la propria fonte. La norma è pertanto frutto
della sintesi del processo seguito. Talvolta può portare a risultati incerti e
inefficaci sul piano dei riscontri sostanziali in sede di applicazione.
[4] cfr. Filosofie dell’ambiente. Serenella Iovino. Ed. Carocci 2003.
Sulla visione ecocentrica e
antropocentrica. L'antropocentrismo è la tendenza - che può essere propria di
una teoria, di una religione o di una semplice opinione - a considerare l'uomo,
e tutto ciò che gli è proprio, come centrale nell'Universo. Una centralità che
può essere intesa secondo diversi accenti e sfumature: semplice superiorità
rispetto al resto del mondo animale o preminenza ontologica su tutta la realtà,
in quanto si intende l'uomo come espressione immanente dello spirito che è alla
base dell'Universo. Il rifiuto dell’antropocentrismo deriva dal riconoscimento
di un preciso ruolo nella natura per ogni essere vivente e per ogni specie diversa.
Ciò non significa non riconoscere che l’uomo è comunque un essere vivente
particolare – in quanto dotato di capacità di pensare, di progettare e di
ottenere prodotti artificiali –, ma questa capacità va intesa come il
risultato di un processo evolutivo. La visione antropocentrica è
anche figlia del metodo riduzionista, che tende a scomporre le singole
parti, i singoli aspetti di un fenomeno, ottenendo un modello semplificato.
Cosi,̀ per capire com’è fatto un animale o una pianta, si analizzano le sue
parti e si elabora un modello dell’organismo, come fosse una macchina. Questa
trasformazione di soggetti viventi in oggetti, considerati macchine o risorse,
comporta la negazione di proprietà tipiche dei viventi, ignorando il loro
ruolo nei complessi equilibri ambientali. In una visione non antropocentrica,
ogni organismo, ogni elemento svolge un ruolo fondamentale per la salute e il
benessere del Pianeta.
[5] cfr. Gaia. James Lovelock. Ed. Bollati e Borlinghieri 2011. Quando
è apparso per la prima volta (1979) questo libro ha rivoluzionato l'ecologia e
gli studi sull'ambiente offrendo una prospettiva nuova, equidistante dalle
ottiche catastrofiste e
da quelle improntate a eccessivo
ottimismo. Secondo Lovelock la Terra è Gaia, un unico organismo vivente capace
di autoregolarsi e di rispondere a tutti quei fattori nuovi e avversi che ne
turbano gli equilibri naturali. La materia vivente non rimane passiva di fronte
a ciò che minaccia la sua esistenza: gli oceani, l'atmosfera, la crosta
terrestre e tutte le altre componenti geofisiche del pianeta si mantengono in
condizioni idonee alla presenza della vita proprio grazie al comportamento e
all'azione degli organismi viventi, vegetali e animali. Lovelock offre così
un'alternativa alle concezioni di chi vede la natura come una forza primitiva
da sottomettere o conquistare; o di chi considera la Terra come una nave
spaziale impazzita, che ruota senza meta nel cosmo.
[6] cfr. I diritti della natura. Cormac Cullinan. Ed. Piano B, 2012 :
“Uno dei modi migliori per andare verso un sistema amministrativo più centrato
sulla Terra è dare il via a un processo d’identificazione, modifica e
sostituzione sistematica
delle dottrine e delle teorie
giuridiche che ostacolano o impediscono alla persone di interpretare un ruolo
responsabile nella Comunità Terra. Un inizio è riconoscere giuridicamente che
le creature viventi non sono oggetti e devono essere rispettate.”
[7] cfr. I diritti della natura. Cormac Cullinan. Ed. Piano B, 2012: “
Una democrazia della Terra, al pari della
democrazia
umana, deve riconoscere il dritto di
ascolto a tutti e la legittimità di una restrizione degli interessi di un
gruppo specifico
per promuovere il bene più grande,
stabilito democraticamente per il bene dell’intera Comunità.”
[8] cfr. Le vie dell’acqua, tra diritti e bisogni. M. Montalto, A.
Pecoraro Scanio. Ed Alegre. 2008: “L’isola di Pasqua, un fazzoletto di terra
circondato dall’oceano pacifico, era anticamente abitata da un popolo , il cui
alimento principale era il pesce, pescato non lontano dalla costa. Per molto
tempo la gente dell’isola visse in pace e in equilibrata prosperità, ma, si sa
la mente umana è capace d’invenzioni che, nel bene e nel male, ne possono
cambiare il destino. Gli indigeni scoprirono che dagli alberi di alto fusto si
potevano ricavare delle ottime canoe, con le quali era possibile allontanarsi
dalla costa e pescare pesci più grandi e in numero maggiore. Cominciarono a
tagliare gli alberi per costruirle, il metodo di pesca mutò, e, di conseguenza,
l’incremento demografico. Con il passare degli anni per sfamare la sempre
crescente popolazione dell’isola servirono sempre più canoe e, per di più,
anche quelle vecchie andavano sostituite. Gli alberi continuarono ad andare
giù, fin quando fu possibile. Ad un certo punto, la richiesta di alberi d’alto
fusto, che servivano per costruire le imbarcazioni, superò la capacità della
foresta di autorigenerarsi: in poche parole la natura non riusciva a sostituire
tutti gli alberi abbattuti con la stesa quantità di nuovi alberi. Le risorse
incominciarono a scarseggiare e fu la tragedia: con la drastica diminuzione
degli alberi si ridusse di pari passo la possibilità di costruire canoe, poiché
mancava la materia prima. Allo stesso tempo la pesca d’altro mare, che prima
garantiva abbondanza di cibo a una popolazione relativamente esigua, era
intanto divenuta indispensabile per soddisfare i bisogni di una popolazione
ormai numerosa. […]. La pesca non riuscì più a sfamare la gente, che iniziò a
contendersi il cibo, arrivando perfino a forme di cannibalismo. […] le scelte
poco lungimiranti di un popolo ne hanno determinato l’autodistruzione. […]Oggi
l’isola di Pasqua può essere presa a metafora del pianeta. […] La Terra è un
enorme e articolatissimo ecosistema sul quale l’uomo ha acquisito un’enorme
forza d’incidenza. […]Chi gestisce questo ecosistema deve fondare le proprie
decisioni su dati obiettivi mirando al bene comune e alla tutela delle
generazioni presenti e future, anche, eventualmente, a costo di sacrifici e
politiche impopolari.”
cfr. The collaps of complex
societies. Joseph Tainter. Ed. Cambridge University Press, 1988; cfr. Collasso.
Jared Diamond. Ed. Einaudi 2005
[11] Germania e Svizzera riconoscono che gli animali sono “esseri
viventi; nella Costituzione dell’Equador al capito 7 si prevede che: “La Natura
o Pachamama, che è dove la vita esiste e riproduce, ha il diritto di esistere,
durare, mantenere e rigenerare i suoi cicli vitali, la sua struttura, le
proprie funzioni e i suoi processi evolutivi”. A tutti gli uomini e le donne
dell’Equador viene imposto il dovere di “rispettare i diritti della natura,
preservare un ambiente sano e utilizzare le risorse naturali in maniera
razionale, praticabile e sostenibile” (Art. 83) e ogni persone, popolo,
comunità può esigere dagli organi pubblici il riconoscimento dei diritti della
natura.
[14] cfr. Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale del 25 settembre
2015. 70/1. Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo sviluppo
sostenibile
[15] cfr. Resolution adoptet by the General Assembly on 28 july 201.
62/292. The human right to water and sanitation.
[16] “soft law” è una locuzione “divenuta negli ultimi anni sempre più
comune nella terminologia dei giuristi, specie quelli che studiano i processi
di costruzione di sistemi giuridici transnazionali, questa locuzione valorizza
l’antitesi con hard law e in relazione a essa acquista un significato
letteralmente traducibile come 'legge debole' o 'dolce'. Viene in tal modo in
considerazione un sistema di regole che si connota essenzialmente per il fatto
di non essere caratterizzato dai tratti forse più tipici e ricorrenti della
norma giuridica: l’essere parte di un ordinamento giuridico e l’essere dotata
di una qualche forza vincolante o precettiva”. Cfr. http://www.treccani.it/enciclopedia/soft-law_(Lessico-del-XXI-Secolo)/
[17] La suddivisione dei diritti umani in tre generazioni fu proposta
inizialmente nel 1979 dal giurista ceco Karel Vasak all’istituto internazionale
dei diritti umani di Strasburgo. Le sue suddivisioni seguono le parole d'ordine
della Rivoluzione francese: Libertà, Uguaglianza, Fratellanza.
I diritti umani di prima generazione
trattano essenzialmente della libertà e della partecipazione alla vita
politica. Essi sono fondamentalmente di natura civile e politica: servono
negativamente a proteggere gli individui dagli eccessi dello Stato e includono
la libertà di parola, di religione, il diritto di volo e a un giusto processo.
I diritti umani di seconda
generazione sono legati all'uguaglianza e cominciarono a essere riconosciuti
dai governi dopo la seconda guerra mondiale. Sono fondamentalmente di natura
economica, sociale e culturale e garantiscono a membri diversi della
cittadinanza condizioni e trattamenti uguali.
Questi diritti impongono al governo
il dovere di rispettarli, di promuoverli e di soddisfarli, ma questo dipende
dalla disponibilità di risorse. Il dovere è imposto allo Stato perché esso
controlla le proprie risorse.
I diritti umani di terza generazione
sono quei diritti che vanno al di là del mero aspetto civile e sociale; il
termine contiene uno spettro estremamente ampio di diritti, compresi: diritti
di gruppo, diritto all’autodeterminazione, allo sviluppo economico,
all’ambiente salubre, alla comunicazione, alla partecipazione al patrimonio
culturale, all’equità intergenerazionale e alla sostenibilità.
[18] cfr. Le vie dell’acqua, tra diritti e bisogni. M. Montalto e A.
Pecoraro Scanio. Ed. Alegre 2006.
[19] Tra i 41 Paesi che si sono astenuti dall’approvare la Risoluzione
delle Nazioni Unite 64/92 ci sono un paio di paesi Latino americani, 5 Paesi
africani e la maggior parte dei paesi geograficamente europei quali Armenia,
Austria, Bosnia e Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca,
Danimarca, Estonia, Grecia, Islanda, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo,
Malta, Paesi Bassi, Polonia, Moldavia, Romania, Slovacchia, Svezia, Ucraina,
alcuni Paesi distanti geograficamente, ma per diversi aspetti vicini come
Turchia, Israele, Giappone, Korea, Nuova Zelanda, nonché Paesi di indubbio
rilievo economico e politico su scala internazionale quali gli Stati Uniti, il
Canada, l’Australia e il Regno Unito.
[21] Promozione, protezione, prevenzione, partecipazione e prossimità
sono principi che ritroviamo negli accordi internazionali e recepiti nelle
legislazioni locali. In questo testo vengono interpretati in senso sostanziale,
al fine di proporre azioni concrete, per garantirne l’effettività
[22] da “L’acqua è di tutti” di Maurizio Montalto ed. L’Ancora del
Mediterraneo, 2010 - “Da noi quando il sole
splende
diciamo che è bel tempo; il brutto
tempo arriva con le nuvole. Ci sono luoghi nei quali, invece, il bel tempo
arriva con la pioggia. Una grande festa e una corsa sotto l’acqua seguono i
primi attimi di sorpresa. Un momento d’immensa gioia per chi ha la forza di
viverla, ma anche per chi soffre, poiché ritrova una speranza di sopravvivenza.
I più piccoli giocano nel fango e bevono con la bocca rivolta verso l’alto; gli
adulti si occupano delle cisterne da riempire in fretta, prima che il miracolo
esaurisca la sua forza. Una scena tipica, che però si ripete raramente nella
parte povera del mondo. Altrettanto tipica è l’immagine che abbiamo delle
giornate estive e soleggiate nella parte ricca del nostro pianeta. Si va in
spiaggia, ci si rinfresca con un tuffo in mare o con una doccia di acqua
potabile, che usiamo anche per togliere via la sabbia dai piedi. L’acqua che
beviamo l’acquistiamo confezionata in bottigliette, perché la vogliamo con le
bollicine. Sono due mondi sullo stesso pianeta dove anche il sapore della gioia
è diverso, poiché da noi la vita non è appesa ad un filo d’acqua”.
[23] 18 Il principio del ful
cost recovery condiziona il riconoscimento del diritto all’acqua. Nelle
legislazioni è definito come il prezzo dell’acqua, da porre integralmente a
carico dei cittadini; vi sono inclusi i grandi investimenti, per la creazione
delle
infrastrutture. Il diritto all’acqua
è considerato un bene del mercato, che può essere acquistato e riconosciuto
solo a chi ha la capacità economica, per sostenere la spesa; cosicché chi è
privo di risorse, deve farne a meno. Questa è la negazione del diritto
all’acqua. Ma la gestione del diritto ha innegabilmente dei costi, che possono
essere coperti ponendo gli oneri totalmente o parzialmente a carico della
fiscalità generale con una tax for recovery cost o un tempered recovery cost.
Con la prima il costo dell’acqua viene posto per intero a carico della
fiscalità generale; con la seconda si attua una mediazione ponendo a carico
della collettività il costo ordinario del servizio idrico e l’impegno
straordinario, quello per i grandi investimenti, a carico della fiscalità
generale. Per l’effetto lo sforzo per il riconoscimento sarà tendenzialmente
proporzionale alla capacità contributiva di ognuno
[27] McDonough, W. Braungart, M. “Dalla Culla alla culla” – Torino: Blu
Edizioni, 2003 Conte, Giulio. Nuvole e sciacquoni Milano: Edizioni Ambiente,
2008
[28] Con i sistemi distillazione il bilancio idrico viene migliorato,
poiché l’acqua prelevata per l’irrigazione non viene sottratta alle fonti
(falda, sorgente) bensì dal mare. Ma vi è di più! Questo metodo non solo non
intacca le disponibilità di acqua dolce, ma per effetto dell’irrigazione, viene
immessa in falda integrandola
[29] i distillatori solari
sono una proposta dell’ambientalista Giorgio
Nebbia. Per approfondimenti
http://www.rinnovabili.it/storico/acqua-dolce-dal-mare-si-ma-con-l’en
erg ia -solare/ e https://www.ideegreen.it/pannelli- fotovoltaici-torri-31938.html
[31] 18 I diritti della
natura. Cormac Cullinan. Ed. Piano B, 2012: “L’imperativo è ampliare la
discussione di queste idee a più persone ognuna portatrice di intuizioni e
prospettive diverse, affinché possano dare un contributo allo sviluppo”.
[33] Nel 1854 il "Grande Bianco" di Washington (il presidente
degli Stati Uniti) si offri' di acquistare una parte del territorio indiano e
promise di istituirvi una "riserva" per il popolo indiano. La
risposta del "capo Seattle" è considerata ancora oggi la piu' bella,
la piu' profonda dichiarazione mai fatta sull'ambiente.
http://www.peacelink.it/pace/a/1513.html
[35] I diritti della natura. Cormac Cullinan. Ed. Piano B, 2012: “più i
nostri sistemi amministrativi saranno distanti e distaccati dalla gente, più
avvertiremo che avranno ben poco a che vedere con noi o con chi siamo a livello
individuale”
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