sabato 23 maggio 2015

Il Totalitarismo rovesciato e la Corte Costituzionale











Trascrizione.



Abbiano detto nel video precedente che il carattere democratico di uno Stato può essere scomposto in una serie di valori fondamentali, il cui principale, ovvero quello fondante, è la tutela dei diritti umani, anche del singolo individuo.

Abbiamo analizzato i primi due articoli della Costituzione specificando cosa, con quei due articoli, vollero sancire i costituenti, ovvero:

- Primo: affermare il primato della persona sullo Stato, cioè che la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, anche di un solo uomo, viene prima della tutela di ogni istituzione politica e ad ogni potere costituito.

- Secondo: che i diritti umani non sono solo il fondamento primo dello Stato ma sono, nello stesso tempo, il fine ultimo delle attività politiche di uno Stato. Cioè le attività politiche di uno Stato devono avere come fine ultimo la tutela dei diritti umani.

Abbiamo anche detto che perché i diritti sanciti dalla nostra costituzione vengano rispettati dal potere politico il costituente ha previsto un doppio livello di controllo:

-   Il capo dello stato ha la funzione di garante della costituzione (funzione di controllo preventiva).

- La corte costituzionale ha la funzione di custode della costituzione (funzione di controllo successiva).

che il rispetto della carta costituzionale può avvenire solo se entrambe le funzioni vengono svolte correttamente ed abbiamo evidenziato quali gravi ed irrimediabili conseguenze può portare il fatto che il presidente della Repubblica non svolga correttamente la sua funzione di controllo preventiva.

In questo video analizziamo le funzioni della Corte costituzionale.



Le sue funzioni sono previste nel Titolo VI, garanzie costituzionali, art. 134:

La Corte costituzionale giudica:
- sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni;
- sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni; 

- sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione.

La Corte, quindi, deve garantire l’osservanza dei principi costituzionali da parte degli altri organi dello Stato, compreso (anzi soprattutto, visto che emana le leggi) il potere politico.
Ma a quali conseguenze può portare se anche la Corte Costituzionale non esercita la sua funzione di custode della Costituzione?

Vediamolo con degli esempi

Iniziamo parlando di una sentenza della Corte Costituzionale che, in un primo momento, a causa di una forma di pregiudizio purtroppo ormai diffuso nel nostro paese, non ha suscitato tra i più l'allarme che invece avrebbe dovuto suscitare.

Perché? Perché era una sentenza che riguardava la violazione dei diritti umani di un extracomunitario per di più sospettato di terrorismo. Questo ha portato molti a sottovalutare la gravità di questa sentenza che, invece, nei fatti ha abbandonato alla mercé della maggioranza, ovvero del potere politico e dell’esecutivo, il rispetto e la tutela dei principi supremi del nostro ordinamento, nonché la gestione del segreto di Stato nel processo penale”.

Vediamo come e perché.

La sentenza è la 106/2009 della Corte Costituzionale. E’ la sentenza che dirime il conflitto sorto tra la Procura di Milano e la Presidenza del Consiglio in ordine al segreto opposto da quest’ultima sulla vicenda del sequestro a scopo di tortura di Abu Omar.

Ricordiamo sinteticamente il fatto.

Il 17 febbraio 2003 l’ex Imam di Milano Abu Omar viene prelevato da alcuni uomini in pieno giorno nel centro di Milano. La moglie denuncia il fatto alla Procura della Repubblica di Milano ed iniziano le indagini.

Nel giro di pochi giorni le false informative giungono numerose. La prima è quella dei ROS, che in una nota segnalano come Abu Omar si sia allontanato volontariamente portando con sé documenti e passaporto. Ancora qualche giorno ed ecco che la CIA invia una nota alla Direzione Centrale Polizia di Prevenzione, in cui è scritto che Abu Omar si sarebbe trasferito volontariamente in una non precisata località dei Balcani.

Quindi è il momento del direttore del SISMI, Nicolò Pollari, che comunica al Parlamento Europeo di aver saputo da un informatore privato che Abu Omar si sarebbe allontanato volontariamente con agenti della CIA.

Fortunatamente la Procura non archivia e scopre che Abu Omar che è stato rapito il 17 febbraio 2003 nel centro di Milano da uomini della CIA e del SISMI, quindi trasferito nella base militare di Aviano, e qui imbarcato su un volo che, dopo una sosta in Germania, lo ha portato in Egitto, dove per mesi è stato interrogato e torturato in una prigione del Cairo. Dopo mesi di torture è stato rilasciato, segno evidente che, per gli americani, non era un terrorista. Ma questo non sorprende.  E’ di poche settimane fa la diffusione del rapporto della Commissione Intelligence del Senato americana: “che ha indagato 5 anni sui metodi utilizzati dalla Cia con i terroristi catturati dopo l’11 settembre… il rapporto parla di «inganni, disonestà e brutalità»” non solo, ma accusa “l’Agenzia di essere colpevole di brutalità non ancora denunciate”

Il rapporto della Commissione americana nella sostanza afferma che:
-     La Cia ha dato informazioni inesatte (cioè ha mentito) alla popolazione ed ai parlamentari americani sul programma inerente le tecniche dei c.d. interrogatori rafforzati, eufemismo per definire le torture inflitte ai prigionieri:
-          Le torture praticate sui detenuti si sono rivelate inefficaci, vale a dire: non sono servite a nulla (ma che la tortura non serva lo si sa sin dalla pubblicazione nel 1764 del libro di Cesare Beccaria Dei delitti e delle pene);
-         Tra le vittime che avrebbero subito torture, una su cinque era tenuta in stato di detenzione per sbaglio, per un “errore di identità o a causa di cattive informazioni di intelligence”, come nel caso di Abu Omar appunto.

Ma torniamo a noi. Dicevamo che la Procura, scoperto il sequestro a scopo di tortura, convoca il direttore del SISMI per interrogarlo.

Alle domande dei magistrati il generale Pollari non risponde, sostenendo di essere vincolato dal segreto di Stato.

La Procura di Milano chiede, quindi, di poter ottenere i documenti in possesso del Governo inerenti al sequestro di Abu Omar, ma le viene opposto il segreto di Stato e, successivamente, il governo apporrà il segreto di Stato anche su altri documenti precedentemente sequestrati dagli inquirenti e non secretati chiedendo di invalidare tutte le indagini a quegli atti collegate. Insomma, il sequestro a scopo di tortura compiuto da uomini delle istituzioni non deve venire fuori.

E perché non deve venire fuori?

Perché, come evidenzia efficacemente il prof. Antonio Cassese: Democrazia significa “rispetto della dignità della persona”; tortura significa “umiliazione ed annientamento di quella dignità. La tortura costituisce l’aspetto patologico dell’assenza di democrazia. Essa infatti nasce là dove mancano, o sono indebolite, tutte quelle garanzie istituzionali e processuali che della democrazia sono l’espressione indispensabile”. Ed, infatti, in Italia, lo sottolineiamo, non solo si pratica la tortura, reato che, con ingiustificato ritardo, non è ancora stato inserito nel nostro codice penale, ma, come confermano alcune sentenze della Cassazione, in alcuni contesti la tortura è sistematica.

Proprio perchè nasce là dove mancano, o sono indebolite, tutte quelle garanzie istituzionali e processuali che della democrazia sono l’espressione indispensabile, Il divieto di tortura, che ha costituito il fondamento delle principali statuizioni internazionali dal 1948 in poi[1] e nel 1984 è stato oggetto di specifica Convenzione, è assoluto ed inderogabile. Ciò vuol dire che nessuno Stato può sollevare giustificazioni o circostanze attenuanti per aver commesso tale crimine, neanche in caso di pericolo pubblico eccezionale, che minacci l’esistenza della nazione e venga proclamato con atto ufficiale.

Anche in ambito europeo il divieto di tortura è assoluto ed inderogabile, ed è previsto dell’art. 3 della Convenzione Europea del 1950 sui diritti umani.

La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha ribadito in numerose sentenze, poi, che i valori tutelati dalla convenzione, ovvero i diritti umani, sono così importanti da imporre agli stati di astenersi da qualunque azione che in qualche modo possa contribuire a rendere possibili, anche da parte di stati terzi, tali violazioni.

Infatti, diverse risoluzioni del Parlamento europeo non solo hanno affermato l'illiceità delle c.d. “consegne straordinarie” (ovvero quanto successo ad Abu Omar). Nella Risoluzione 1507/2007 hanno stabilito che:  Né la sicurezza nazionale, né il segreto di stato possono essere invocati per proteggere queste operazioni illegali da un energico controllo parlamentare e giudiziario” (punto 12). Anzi, sono necessarie indagini approfondite e urgenti risposte, l’espletamento di indagini su ogni aspetto delle renditions e di altre violazioni analoghe costituisce un impegno per gli Stati membri, per il cui migliore adempimento il Comitato dei Ministri è invitato ad assumere le necessarie iniziative (punto 19 Risoluzione e 4.3 della Raccomandazione). 

Chiaro dunque quanto previsto in abito internazionale ed europeo no?

La tortura è vietata in modo assoluto ed inderogabile, anche in caso di minaccia grave per la nazione.
Gli Stati europei, inoltre, si devono astenere da qualunque azione che, in qualche modo, possa contribuire a rendere possibili, anche da parte di stati terzi, tale reato.
Questo tipo di reati, ovvero il sequestro a scopo di tortura, non possono essere coperti con il segreto di stato, anzi devono essere fatte indagini approfondite, indagini che devono essere supportate dal comitato dei Ministri

E il nostro governo, sul sequestro a scopo di tortura di Abu Omar, invece, che fa? Pone il segreto di Stato.

A questo punto la Procura di Milano si rivolge alla corte costituzionale sostenendo che non è possibile opporre il segreto di stato sul sequestro di un uomo a scopo di tortura perché sono azioni che violano i “principi supremi” del nostro ordinamento, tra cui le norme costituzionali che garantiscono i diritti inviolabili dell'uomo. E violando i principi cardine del nostro ordinamento si traducono in un atto eversivo dell’ordine costituzionale, ovvero che sovverte l’ordine costituito. Infatti siamo una democrazia, o almeno così recita l’art. 1 della nostra costituzione, e il valore fondante di una democrazia è la tutela dei diritti umani, anche del singolo individuo.

A questo punto cosa fa la Corte Costituzionale, custode dei principi sanciti dalla costituzione? Sostiene che il segreto di stato è stato validamente opposto perché i giudici non ritengono che … un singolo atto delittuoso, per quanto grave, non è di per sé suscettibile di integrare un fatto eversivo dell'ordine costituzionale, se non è idoneo a sovvertire, disarticolandolo, l'assetto complessivo delle Istituzioni democratiche”.

Insomma, per i giudici, l’importante è non compiere azioni che possano sovvertire le istituzioni. Se poi si compiono violazioni dei diritti umani, dispiace magari, ma questo fatto non mette in pericolo le istituzioni, il palazzo, e quindi si possono, se compiute, coprire con il segreto di Stato.

Ma non è così, abbiamo prima visto come con i primi due articoli i costituenti abbiamo voluto affermare il primato della persona sullo Stato, cioè che la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, anche di un solo uomo, viene prima della tutela di ogni istituzione politica e ad ogni potere costituito.
Ma poi, come risolve la Corte Costituzionale l’evidente contrasto con quanto statuito in materia in ambito internazionale ed europeo? La Suprema Corte se la “cava” con una mezza paginetta il cui afferma che:

“…su un piano generale conviene, innanzitutto, con le risoluzioni del Parlamento Europeo circa la illiceità delle c.d. “consegne straordinarie” perché contrarie alle tradizioni costituzionali e ai principi di diritto degli Stati membri dell'Unione Europea ed integranti specifici reati”.

E, dunque, anche con la risoluzione 1507/2007 in cui si afferma che non è possibile utilizzare il segreto di stato per impedire gli accertamenti giudiziari o parlamentari su questo tipo di violazioni, ma, in questo caso, la Corte ritiene il segreto di stato validamente opposto perché:

neppure da tali risoluzioni può trarsi la conclusione della riconducibilità del reato costituito dall'ipotizzato sequestro di persona ad un fatto “eversivo dell'ordine costituzionale”.

Non può trarsi la conclusione? La risoluzione dice chiaramente e letteralmente che sulle extraordinary redention e su violazioni simili, ovvero sulle violazioni dei diritti umani, il segreto di stato non può essere opposto e basta.  Non lo vincola in nessun modo al fatto che tu possa configurarlo come un fatto eversivo o meno. Cioè il  sequestro a scopo di tortura non può essere coperto dal segreto di Stato, qualunque sia il nome che tu vuoi dare a questo comportamento.

Ma ancora non basta, perché la Corte nella sentenza afferma una cosa ancora più grave, ovvero che non è suo compito valutare se e come il governo utilizzi il potere di segretazione. 

Non è suo compito?  Ma è proprio questo il suo compito. La Corte svolge una funzione di controllo costituzionale, e la politicità di un atto non esclude il suo controllo, anzi è proprio questo che deve fare la Corte, deve valutare se il potere politico ha, con un suo atto, violato i principi sanciti dalla Costituzione. E questa valutazione deve essere compiuta anche per quanto concerne il segreto di Stato perché la discrezionalità del Presidente del Consiglio nel decidere su cosa apporre il segreto di stato non è libera, ma incontra precisi limiti.

- I limiti previsti dalla costituzione,
- i limiti imposti dagli stru­menti internazionali ed europei
- e i limiti previsti dalla stessa legge sul segreto di Stato.

E se il rispetto dei limiti posti dalla legge sul segreto di Stato è demandato al Parlamento e Comitato parlamentare di controllo, ora il COPASIR, il rispetto dei limiti costituzionali e di previsti dalle norme internazionali ed europee è demandato proprio alla Corte Costituzionale.

Con questa sentenza, invece, la corte abdica alla sua funzione ed abbandona nelle mani del potere politico la tutela dei diritti umani e la gestione del segreto di Stato.

Sentenza gravissima dunque che, come dicevamo, per un perverso gioco del pregiudizio che rende ciechi, non aveva suscitato grande allarme.

Ma, se una situazione è giusta o sbagliata prima o poi ci riguarda, e voltare lo sguardo da un’altra parte non solo non serve ma, nel corso della storia, ha portato a conseguenze tragiche.

Ed invece noi ci siamo voltati dall’altra parte. A riportarci alla tragica realtà è, però, arrivata la sentenza n. 40 del 2012 in cui la Corte Costituzionale ribadisce i principi espressi nella sentenza sul sequestro di Abu Omar, solo che questa volta vittime di reati gravissimi sono intere categorie di cittadini italiani, ovvero cittadini che avevano un’idea politica opposta a quella del governo. Infatti, dicevamo il totalitarismo rovesciato, a differenza del totalitarismo classico che arrestava, purgava o mandava in esilio gli oppositori, non mira apertamente a sopprimere le opposizioni, utilizza un altro metodo. Vediamo quale.  

La Procura della Repubblica di Milano, scopre che a Roma, in Via Nazionale, il SISMI dispone di un ufficio deputato ai depistaggi, alla creazione di documenti falsi e al condizionamento della stampa, dove ritrova un archivio contenente migliaia di note e dossier illegali su politici, magistrati, giornalisti, personaggi del mondo economico- finanziario, sindacale, ecc....

Responsabile del centro è Pio Pompa, ex dipendente Telecom, in stretto contatto con il direttore del SISMI Nicolò Pollari, a cui invia regolari rapporti.

Il centro, si scopre con le indagini, era deputato non solo alla raccolta di dossier su intere categorie di cittadini giustificata non da un potenziale pericolo per la sicurezza nazionale, ma solo dalle loro (reali o presunte) idee politiche, ma si attivava anche per compiere, o far compiere da terze persone, reati nei confronti di questi cittadini allo scopo di rovinargli la vita personale e professionale.

Dalla lettura delle relazioni, infatti, si evince che vi era un programma finalizzato a «neutralizzare» e «disarticolare», anche con «eventi traumatici», persone e gruppi indicati come «nemici» non delle istituzioni, ma del governo.

Insomma un centro in cui veniva portato avanti un programma illegittimo ed anticostituzionale di controllo, intimidazione e aggressione di parte della società civile della nazione considerata di “parte politica avversa”, ovvero all’opposizione.

Iniziano le indagini ed il governo che fa? Anche questa volta, ovviamente, pone il segreto di stato. Ci manca solo che si scopra la modalità con cui il regime opera per disarticolare anche con eventi traumatici gli oppositori.

La procura si rivolge quindi nuovamente alla Corte Costituzionale sostenendo che utilizzare i servizi segreti per controllare intimidire ed aggredire parte della popolazione italiana solo perché di idee politiche diverse da quelle del governo forse mina alla base quei principi e quei valori che sono alla base di una democrazia, ovvero i valori fondamentali di intere categorie di cittadini.  E dunque, tali reati non possono essere coperti con il segreto di Stato.

Ma, anche in questo caso, la Corte conferma la validità dell’apposizione del segreto di Stato perché per i giudici, se i servizi segreti hanno utilizzato i fondi per attività non istituzionali, il reato ravvisabile è quello di peculato, non di eversione dell’ordine costituzionale, perché conferma ancora una volta la Corte, connotato imprescindibile del fatto eversivo … è la sua preordinazione «a sovvertire, disarticolandolo, l’assetto complessivo delle Istituzioni democratiche”.

Ma “le Istituzioni democratiche” non ha a fondamento il Palazzo, ma i diritti fondamentali dei cittadini.

Sequestrare, torturare, spiare, intimidire o commettere reati nei confronti di intere categorie dei cittadini solo perché di opinione politica diversa non solo non ha nulla a che vedere con uno Stato che si vuole definire democratico, ma è la sua esatta negazione dal momento che il valore primo e fondante di una democrazia è il rispetto dei diritti umani e il rispetto della dignità della persona, anche di una sola persona.

La nostra costituzione afferma, lo ripetiamo, il primato della persona sullo Stato, cioè che la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, anche di un solo uomo, viene prima della tutela di ogni istituzione politica e ad ogni potere costituito.

Ma, per la Corte, non è così. E con queste due sentenze ha lasciato al potere la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini e la possibilità di segretare ciò che vuole senza controllo.

E come usa il potere questa possibilità? Facciamo subito un esempio.

Quando scoppiò lo scandalo che coinvolse il Sismi, il potere, ricordiamo che l’inganno è uno degli strumenti principali del totalitarismo rovesciato, con la scusa di voler migliorare la normativa sui servizi segreti perché fatti del genere non potessero più verificarsi, riformò la legge sui servizi segreti. E come riformò la legge, migliorandola? No, assolutamente.

La nuova legge, infatti, anziché porre rimedio a quelle lacune che avevano permesso gli abusi, le estende, incostituzionalmente, a nuovi settori. Quali? Quelli: "economici, finanziari, industriali, scientifici, tecnologici, sanitari ed ambientali".

Ma, per capire bene come il totalitarismo rovesciato opera, dobbiamo vedere come questo potere sia riuscito ad operare questa vergognosa estensione e che uso ne abbia fatto. Vediamo. Durante i lavori preparatori alla nuova legge sulla disciplina dei servizi segreti venne avanzata la proposta di estendere il segreto di Stato ai settori sopra citati. La proposta venne bocciata perché, si evidenziò, si
poneva in contrasto con:

- la Costituzione, perché il segreto di Stato può essere posto solo per tutelare gli interessi supremi dello Stato, inteso come Stato comunità, cioè formato da popolo, non dal Palazzo, e quindi per tutelare l’integrità della Repubblica, indipendenza e difesa della nazione, e non su interessi economici, finanziari, ecc...;

- la stessa legge di riforma che all'art. 39 prevede appunto possono essere coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recare danno all’integrità e all’ indipendenza della Repubblica, o a difesa della nazione. Dunque anche questo articolo non parla di interessi economici o finanziari.

Ma, nonostante questa chiara manifestazione di volontà del Parlamento, e le previsioni della Costituzione, pochi mesi dopo l’emanazione della legge, con un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.PCM), la possibilità di porre il segreto di stato in questi settori è stata comunque reintrodotta. E come? Ovviamente in maniera non plateale, ma scrivendo: “al punto 1 dell’“allegato” al regolamento a cui rinvia l'art. 5 del decreto”.....come a dire: ora vattelo a trovare.

Il governo ha, quindi, reintrodotto la previsione di estendere il segreto di Stato ai settori economici, finanziari, industriali, scientifici, tecnologici, sanitari ed ambientali, contro

-          la volontà del legislatore;
-          la Costituzione;
-          la stessa legge che disciplina il segreto;

Così, grazie a tale arrogante ed incostituzionale estensione, ad esempio, il governo ha potuto secretare i siti del nostro territorio in cui sono presenti rifiuti tossici, depositi di scorie, inceneritori, discariche, ecc.

Anche l’ambiente, ovviamente, è un valore primario ed assoluto nell’ambito del nostro ordinamento e la sua salvaguardia è un: “diritto fondamentale dell’uomo ed interesse fondamentale della collettività perché il cittadino ha diritto a vivere in un ambiente salubre.

Quando ciò non avviene, ovvero il territorio è inquinato, il cittadino ha diritto a chiedere allo Stato:

-          - la bonifica dei territori inquinati;

-          -  il risarcimento del danno alla salute arrecato da fenomeni di inquinamento;
-      -   una pronuncia inibitoria alla continuazione di comportamenti inquinanti, ovvero ha diritto a che lo Stato intervenga per impedire che si continui ad inquinare ancora.

Un bel fastidio per il regime, come impedire, quindi, che il cittadino possa esercitare i suoi diritti? Ponendo il segreto di stato sui territori inquinati, così da sottrarne al controllo delle aziende sanitarie locali il monitoraggio, nonché prevedendo anche un divieto di divulgazione di informazioni, notizie e documenti inerenti i suddetti siti, per non far sapere ai cittadini che il posto dove vivono è inquinato.

Senza prova dell’inquinamento non c’è risarcimento, senza prova dell’inquinamento il governo non deve attivarsi e spendere i soldi per bonificare e, senza la prova che un’azienda inquini, il governo può dare tranquillamente l’autorizzazione a produrre.

Ma, a dire la verità, nella situazione disastrosa in cui siamo, poco cambia anche quando si sa che l’azienda, con arrogante noncuranza, produce quantità sconcertanti di veleni che ammazzano la gente ogni giorno, perché con un bel decreto legge, il governo non solo le permette di continuare a produrre ma, stravolgendo completamente la costituzione e le leggi in materia di responsabilità penale, concede anche l’immunità a chi dirige l’azienda che inquina.  

E sì, perché se si tratta di scegliere tra causare la morte di un numero indeterminato di cittadini ed un danno economico, è ovvio che il regime, scelga la morte dei cittadini. Dal momento che la tutela dei diritti fondamentali è passata al “Palazzo”, ovvero al potere politico, e che questo è guidato da uomini d’affari che non hanno come obiettivo il bene della collettività, ciò non deve sorprendere.

La costituzione, infatti, è ormai divenuta un’ancella del potere, non la sua coscienza. E come questo sia vero è stato confermato anche dalla recente sentenza n. 1 del 2014 della Corte Costituzionale.

Ne abbiamo già accennato nel video precedente. La sentenza riguarda la legge n. 270 del 21 dicembre 2005, ovvero il porcellum.

Con la sentenza n. 1 del 2014 la Corte Costituzionale dichiara illegittime alcune parti di quella legge con la conseguenza che 148 parlamentari eletti con il premio di maggioranza (dichiarato incostituzionale), siedono illegittimamente in Parlamento.   

La Corte, ricordiamolo, ravvisa infatti che con il porcellum:

Primo: venivano violati i principi dell’elettorato, perché in una democrazia il popolo ha diritto alla «scelta del corpo legislativo», ovvero dei candidati alle camere. Invece il porcellum non permetteva all’elettore di esprimere alcuna preferenza per i candidati, ma solo di scegliere una lista di partito, cui era rimessa la designazione di tutti i candidati.

Secondo: il meccanismo previsto per il premio di maggioranza non solo era assolutamente irragionevole e non portava nessun vantaggio in termini di governabilità, ma provocava una alterazione degli equilibri istituzionali democratici.

E, certo, abbiamo visto che il totalitarismo rovesciato dice di voler operare in un sistema democratico e bipartitico, ma si vorrà mica dare agli elettori la possibilità di scelta dei parlamentari, ovvero di poter esercitare il loro diritto? Le elezioni sono scocciature per il regime, diciamocelo, se si può, come sta avvenendo oggi, si impedisce all’elettore di votare, e se proprio le elezioni si devono fare per mantenere una facciata democratica, si deve trovare il modo di limitare la possibilità di scelta all’elettorato.

Ma Torniamo alla sentenza che dichiara incostituzionale il porcellum. Dichiarare incostituzionale la legge elettorale con cui sono stati eletti i deputati che siedono in parlamento significa delegittimare il Parlamento, con tutte le conseguenze del caso.

Che fare allora? Anche questa volta ci pensano i giudici della Corte costituzionale che, nella stessa sentenza che dichiara incostituzionale il porcellum, decidono di applicare il principio di continuità dello Stato. Cosa significa? Significa che il potere politico è più importante del rispetto della costituzione stessa.

Ma, per capire la gravità di tale affermazione della Corte riporto quanto scritto dall’ex presidente della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky:

“Il ricorso al principio di continuità dello Stato… è “devastante.
Perché? Perché se prima eravamo uno stato costituzionale, ovvero uno stato che trovava nella costituzione il suo perno, oggi siamo uno stato che ha una costituzione.
Lo “Stato che ha una costituzione” è quello cui si attribuisce una sostanza politica, un’esistenza reale e autonoma che precede e, dunque, condiziona la Costituzione.
L’esistenza d’una costituzione è soltanto un’eventualità: importante ma non essenziale. L’essenziale è lo Stato.
Se tra la Costituzione e lo Stato si crea una contraddizione, allora la costituzione cede allo Stato e lo Stato può scrollarsi di dosso l’ingombro rappresentato da una legge ch’esso stesso, per tempi più tranquilli, si è data. Ma Chi è il sovrano? È lo Stato, come dice implicitamente la Corte, o è la Costituzione (o il popolo che agisce nelle forme e nei limiti della Costituzione) come dice l’art. 1, comma 2 Cost ?
Quando si guarda dietro alle parole, si vede che dietro lo Stato stanno forze politiche e si può concludere con l’inquietante constatazione che la sentenza della Corte, liberandole dal vincolo della Costituzione, ne ha legittimato la nuda forza, priva di diritto, e ha de-costituzionalizzato la politica.

E quando proprio la corte costituzionale, custode dei principi fondamentali di uno stato democratico, libera il potere politico dal dover rispettare la costituzione e ne legittima la nuda forza priva di diritto, come dice Zagrebelsky, non deve sorprendere che il regime operi in maniera arrogante. 

Tanto arrogante da non affrettarsi a scrivere una nuova legge elettorale per permettere ai propri cittadini di esercitare i propri diritti democratici, ma di restare, delegittimato in carica anni.

Tanto arrogante da voler, proprio questo potere delegittimano, cambiare la costituzione. E ovviamente cambiarla in peggio per i cittadini, perché è una riforma che toglie potere al popolo e mette nelle mani del regime le poche risorse che ancora il paese possiede permettendogli di cederle a privati. Ma torneremo con un video dedicato proprio a questa riforma. 

Ma anche questo è normale, perché il potere del totalitarismo rovesciato è indeterminato, insofferente alle restrizioni, incurante dei confini, soprattutto costituzionali, e determinato a sviluppare la capacità di imporre la propria volontà in tempi e luoghi da esso stabiliti.

Non deve perciò sorprendere che si assista ad un crescente abbandono della divisione dei poteri a favore dell’esecutivo, non deve sorprendere che il Parlamento si sia ridotto a cassa di risonanza delle scelte del governo. Basti pensare a quanto successo con la riforma del lavoro, il Job acts, che presenta numerosissime violazioni della Costituzione, sono state rilevate violazioni degli artt. 1, 24, 35, 36, 37, 38, 39, 40, 76, 117 e 119.

O ancora, sempre per fare un esempio, quanto successo con la votazione sulla legge di Stabilità: La legge, anche in questo caso scritta dal governo, è stata consegnata ai senatori perché ne prendessero visione a notte fonda, è stato loro concesso non più di un’ora per leggere oltre 140 pagine illeggibili e piene di errori, (ad esempio, vi era scritto, l’art. tot. Richiama al comma 765, quando i commi della legge erano 750, ecc..) Vista l’impossibilità di capire cosa gli si chiedeva di firmare i senatori hanno chiesto al Presidente del Senato di intervenire e rinviare la votazione, ma la loro legittima richiesta è stata respinta dal presidente che ha affermato testualmente: “…il Governo si è assunto la responsabilità del testo e su quello ha posto la questione di fiducia”.  

Si è assunto la responsabilità? Ma cosa significa? Ma è il Parlamento che ha la funzione legislativa e che con il suo voto approva le leggi ed ha, quindi, tutto il diritto di capire almeno cosa vi sia scritto. Ed invece no. In piena notte il governo, arrogante ed infastidito delle legittime richieste dei parlamentari, ha posto la fiducia. Un esecutivo che, ad oggi, ha posto la fiducia un numero irragionevole ed immotivato di volte, una ogni 10 giorni. Ma anche questo non deve sorprendere. Caratteristica di questo regime è, come abbiamo detto, che è insofferente alle restrizioni, e determinato ad imporre la propria volontà in tempi e luoghi da esso stabiliti. Si fa quello che voglio io, quando lo dico io e come lo voglio io.

Ed, in ultimo, non possiamo non evidenziare come questo regime abbia attuato, anche violando gli accordi precedentemente presi con altre forze politiche, una mossa propagandistica da maestro volendo imporre il nome di un giudice della Corte Costituzionale come presidente della Repubblica.
Quale prova di arroganza e forza migliore, per un potere delegittimato da una sentenza della Corte Costituzionale, di quella di eleggere un giudice di quella Corte a massima carica dello Stato?

Il presidente della Repubblica, poi, è come abbiamo ricordato il garante della costituzione, ovvero con la propria firma garantisce che la legge non viola i principi democratici presenti nella carta costituzionale.

E non può che lasciare l’amaro in bocca la constatazione che, ad oggi, il Presidente della Repubblica, abbia posto la sua firma sia sul decreto salva Ilva che sui due decreti attuativi del Jobs Act e sulla nuova elegge elttorale, c.d. Italicum che, lo diciamo subito presenta le stesse problematiche costituzionali del porcellum, il legislatore si è limitato a cercare di aggirare la sentenza della Corte, come? nel modo che abbiamo imparato a conoscere, facendo finta di cambiare tutto per non cambiare nulla. La scelta dei parlamentare resta comunque nelle mani della segreteria dei partiti e il premio di maggioranza continua a violare le basilari regole di rappresentatività. 
Giustamente il prof. Aldo Giannuli, a proposito di questa legge, che definisce truffa, afferma: questo è il gioco delle tre carte di un ceto politico di disonesti peggiore di qualsiasi tangentista. Diciamo le cose come stanno: questa è una legge fatta per essere sicuri di restare al potere e tornare a rubare. Mattarella avrebbe dovuto far notare che questa legge è “leggermente” incostituzionale, ma, soprattutto, il suo dovere sarebbe stato quello di tutelare le minoranze opponendosi ad una legge non consensuale sulle regole del gioco. 
Ma il totalitarismo rovesciato non aspira solo ad accrescere il suo potere all’interno della nazione, ma anche all’esterno. Ha, cioè, mire espansionistiche ma non nel senso di nuove conquiste territoriali, che poco interessano all’élite al potere, ma vuole espandersi nel senso aziendale del termine, ovvero permettere alle élite di espandere il loro commercio in nuovi territori all’uopo “liberati” e resi disponibili a nuove imprese di colonizzazione commerciale e finanziaria.
Vedremo nel prossimo video come.






[1] 1948: la Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e punizione del crimine di genocidio; la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite; 1949: le Convenzioni di Ginevra; 1950: la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del Consiglio d’Europa; 1956: la Convenzione supplementare delle Nazioni Unite sull’abolizione della schiavitù, del commercio di schiavi e sulle istituzioni e pratiche assimilabili alla schiavitù; 1957: le Regole minime standard delle Nazioni Unite per il trattamento dei prigionieri; 1965: la Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione della discriminazione razziale; 1966: il Patto internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite; 1975: la Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla protezione di tutte le persone sottoposte a tortura o altri trattamenti o pene crudeli, inumani e degradanti; 1977: i due Protocolli addizionali alle Convenzioni di Ginevra; 1979: il Codice di condotta delle Nazioni Unite per i funzionari che applicano la legge; 1981: la Carta africana sui diritti dell’uomo e dei popoli dell’Organizzazione dell’Unità Africana; 1982: i Principi di etica medica relativi al ruolo del personale sanitario, in particolare medici, nella protezione dei prigionieri e dei detenuti contro la tortura e gli altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti delle Nazioni Unite, ecc... sino allo Statuto di Roma del 1998.

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