Trascrizione.
Abbiano
detto nel video precedente che il carattere democratico di uno Stato può essere
scomposto in una serie di valori fondamentali, il cui principale, ovvero quello
fondante, è la tutela dei diritti umani, anche del singolo individuo.
Abbiamo
analizzato i primi due articoli della Costituzione specificando cosa, con quei
due articoli, vollero sancire i costituenti, ovvero:
- Primo: affermare il primato della persona sullo Stato,
cioè che la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, anche di un solo uomo, viene
prima della tutela di ogni istituzione politica e ad ogni potere
costituito.
- Secondo: che i diritti umani non sono solo il
fondamento primo dello Stato ma sono, nello stesso tempo, il fine ultimo delle
attività politiche di uno Stato. Cioè le attività politiche di uno Stato devono
avere come fine ultimo la tutela dei diritti umani.
Abbiamo
anche detto che perché
i diritti sanciti dalla nostra costituzione vengano rispettati dal potere
politico il costituente ha previsto un doppio livello di controllo:
- Il capo dello stato ha la funzione di garante della
costituzione (funzione di controllo preventiva).
- La corte costituzionale ha la funzione di custode della costituzione (funzione di controllo successiva).
che il rispetto della carta costituzionale può avvenire solo se entrambe le funzioni vengono svolte correttamente ed abbiamo evidenziato quali gravi ed irrimediabili conseguenze può portare il fatto che il presidente della Repubblica non svolga correttamente la sua funzione di controllo preventiva.
- La corte costituzionale ha la funzione di custode della costituzione (funzione di controllo successiva).
che il rispetto della carta costituzionale può avvenire solo se entrambe le funzioni vengono svolte correttamente ed abbiamo evidenziato quali gravi ed irrimediabili conseguenze può portare il fatto che il presidente della Repubblica non svolga correttamente la sua funzione di controllo preventiva.
Le sue
funzioni sono previste nel Titolo VI, garanzie costituzionali, art. 134:
La Corte costituzionale
giudica:
- sulle controversie relative
alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di
legge, dello Stato e delle Regioni;
- sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni;
- sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione.
- sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni;
- sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione.
La
Corte, quindi, deve garantire l’osservanza dei principi costituzionali da parte
degli altri organi dello Stato, compreso (anzi soprattutto, visto che emana le
leggi) il potere politico.
Ma a quali conseguenze può portare se
anche la Corte Costituzionale non esercita la sua funzione di custode della
Costituzione?
Vediamolo
con degli esempi
Iniziamo
parlando di una sentenza della Corte Costituzionale che, in un primo momento, a
causa di una forma di pregiudizio purtroppo ormai diffuso nel nostro paese, non
ha suscitato tra i più l'allarme che invece avrebbe dovuto suscitare.
Perché?
Perché era una sentenza che riguardava la violazione dei diritti umani di un
extracomunitario per di più sospettato di terrorismo. Questo ha portato molti a
sottovalutare la gravità di questa sentenza che, invece, nei fatti ha
abbandonato alla mercé della
maggioranza, ovvero del potere politico e dell’esecutivo, il rispetto e la
tutela dei principi supremi del nostro ordinamento, nonché la gestione del segreto di Stato nel processo penale”.
Vediamo
come e perché.
La
sentenza è la 106/2009 della Corte Costituzionale. E’ la sentenza che dirime il
conflitto sorto tra la Procura di Milano e la Presidenza del Consiglio in
ordine al segreto opposto da quest’ultima sulla vicenda del sequestro a scopo
di tortura di Abu Omar.
Ricordiamo
sinteticamente il fatto.
Il 17
febbraio 2003 l’ex Imam di Milano Abu Omar viene prelevato da alcuni uomini in
pieno giorno nel centro di Milano. La moglie denuncia il fatto alla Procura
della Repubblica di Milano ed iniziano le indagini.
Nel giro di
pochi giorni le false informative giungono numerose. La prima è quella dei ROS,
che in una nota segnalano come Abu Omar si sia allontanato volontariamente
portando con sé documenti e passaporto. Ancora qualche giorno ed ecco che la
CIA invia una nota alla Direzione Centrale Polizia di Prevenzione, in cui è
scritto che Abu Omar si sarebbe trasferito volontariamente in una non precisata
località dei Balcani.
Quindi è il
momento del direttore del SISMI, Nicolò Pollari, che comunica al Parlamento
Europeo di aver saputo da un informatore privato che Abu Omar si sarebbe
allontanato volontariamente con agenti della CIA.
Fortunatamente
la Procura non archivia e scopre che Abu Omar che è stato
rapito il 17 febbraio 2003 nel centro di Milano da uomini della CIA e del
SISMI, quindi trasferito nella base militare di Aviano, e qui imbarcato su un
volo che, dopo una sosta in Germania, lo ha portato in Egitto, dove per mesi è
stato interrogato e torturato in una prigione del Cairo. Dopo mesi di torture è
stato rilasciato, segno evidente che, per gli americani, non era un terrorista.
Ma questo non sorprende. E’
di poche settimane fa la diffusione del rapporto della Commissione
Intelligence del Senato americana: “che
ha indagato 5 anni sui metodi utilizzati dalla Cia con i terroristi catturati
dopo l’11 settembre… il rapporto parla di «inganni, disonestà e brutalità»” non solo, ma accusa “l’Agenzia
di essere colpevole di brutalità non ancora denunciate”.
Il rapporto
della Commissione americana nella sostanza afferma che:
- La Cia ha dato informazioni inesatte (cioè ha mentito)
alla popolazione ed ai parlamentari americani sul programma inerente le
tecniche dei c.d. interrogatori rafforzati, eufemismo per definire le torture
inflitte ai prigionieri:
-
Le torture praticate sui detenuti si sono rivelate
inefficaci, vale a dire: non sono servite a nulla (ma che la tortura non serva
lo si sa sin dalla pubblicazione nel 1764 del libro di Cesare Beccaria Dei delitti e delle pene);
- Tra le vittime che avrebbero subito torture, una su
cinque era tenuta in stato di detenzione per sbaglio, per un “errore di identità o a causa di cattive
informazioni di intelligence”, come nel caso di Abu Omar appunto.
Ma
torniamo a noi. Dicevamo che la Procura, scoperto il sequestro a scopo di
tortura, convoca il direttore del SISMI per interrogarlo.
Alle domande
dei magistrati il generale Pollari non risponde, sostenendo di essere vincolato
dal segreto di Stato.
La Procura
di Milano chiede, quindi, di poter ottenere i documenti in possesso del Governo
inerenti al sequestro di Abu Omar, ma le viene opposto il segreto di Stato e,
successivamente, il governo apporrà il segreto di Stato anche
su altri documenti precedentemente sequestrati dagli inquirenti e non secretati
chiedendo di invalidare tutte le indagini a quegli
atti collegate. Insomma, il sequestro a scopo di tortura compiuto da uomini
delle istituzioni non deve venire fuori.
E perché non deve venire fuori?
Perché,
come evidenzia efficacemente il prof. Antonio Cassese: Democrazia significa “rispetto della dignità della persona”; tortura
significa “umiliazione ed annientamento di quella dignità. La tortura
costituisce l’aspetto patologico dell’assenza di democrazia. Essa infatti nasce
là dove mancano, o sono indebolite, tutte quelle garanzie istituzionali e
processuali che della democrazia sono l’espressione indispensabile”. Ed,
infatti, in Italia, lo sottolineiamo, non solo si pratica la tortura, reato
che, con ingiustificato ritardo, non è ancora stato inserito nel nostro codice
penale, ma, come confermano alcune sentenze della Cassazione, in alcuni
contesti la tortura è sistematica.
Proprio perchè nasce là dove mancano,
o sono indebolite, tutte quelle garanzie istituzionali e processuali che della
democrazia sono l’espressione indispensabile, Il divieto di
tortura, che ha costituito il fondamento delle principali statuizioni
internazionali dal 1948 in poi[1]
e nel 1984 è stato oggetto di specifica Convenzione, è assoluto ed
inderogabile. Ciò vuol dire che nessuno Stato può sollevare giustificazioni o
circostanze attenuanti per aver commesso tale crimine, neanche in caso di pericolo pubblico eccezionale, che minacci
l’esistenza della nazione e venga proclamato con atto ufficiale.
Anche in ambito europeo il divieto di tortura
è assoluto ed inderogabile, ed è previsto dell’art. 3 della
Convenzione Europea del 1950 sui diritti umani.
La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha ribadito in
numerose sentenze, poi, che i valori tutelati dalla convenzione, ovvero i
diritti umani, sono così importanti da imporre agli stati di
astenersi da qualunque azione che in qualche modo possa contribuire a rendere
possibili, anche da parte di stati terzi, tali violazioni.
Infatti,
diverse risoluzioni del Parlamento europeo
non solo hanno affermato l'illiceità delle c.d. “consegne straordinarie” (ovvero
quanto successo ad Abu Omar). Nella Risoluzione 1507/2007 hanno stabilito che: Né la sicurezza nazionale, né il segreto di stato
possono essere invocati per proteggere queste operazioni illegali da un
energico controllo parlamentare e giudiziario” (punto 12). Anzi, sono
necessarie indagini approfondite e urgenti risposte, l’espletamento di indagini
su ogni aspetto delle renditions
e di altre violazioni analoghe costituisce un impegno per gli Stati membri, per
il cui migliore adempimento il Comitato dei Ministri è invitato ad assumere le
necessarie iniziative (punto 19 Risoluzione e 4.3 della Raccomandazione).
Chiaro
dunque quanto previsto in abito internazionale ed europeo no?
La
tortura è vietata in modo assoluto ed inderogabile, anche in caso di minaccia
grave per la nazione.
Gli
Stati europei, inoltre, si devono astenere da qualunque azione che, in qualche
modo, possa contribuire a rendere possibili, anche da parte di stati terzi,
tale reato.
Questo
tipo di reati, ovvero il sequestro a scopo di tortura, non possono essere
coperti con il segreto di stato, anzi devono essere fatte indagini
approfondite, indagini che devono essere supportate dal comitato dei Ministri
E il nostro governo,
sul sequestro a scopo di tortura di Abu Omar, invece, che fa? Pone il segreto
di Stato.
A questo punto la Procura di Milano si rivolge alla
corte costituzionale sostenendo che non è possibile opporre il segreto di stato
sul sequestro di un uomo a scopo di tortura perché sono azioni che violano i “principi supremi” del
nostro ordinamento, tra cui le norme costituzionali che garantiscono i diritti
inviolabili dell'uomo. E violando i principi cardine del nostro ordinamento si
traducono in un atto eversivo dell’ordine costituzionale, ovvero che sovverte
l’ordine costituito. Infatti siamo una democrazia, o almeno così recita l’art.
1 della nostra costituzione, e il valore fondante di una democrazia è la tutela
dei diritti umani, anche del singolo individuo.
A
questo punto cosa fa la Corte Costituzionale, custode dei principi sanciti
dalla costituzione? Sostiene che il segreto di stato è stato validamente opposto
perché i giudici non ritengono che … un singolo atto delittuoso, per quanto grave, non è di
per sé suscettibile di integrare un fatto eversivo dell'ordine costituzionale,
se non è idoneo a sovvertire, disarticolandolo, l'assetto complessivo delle
Istituzioni democratiche”.
Insomma, per i giudici, l’importante è non compiere azioni che
possano sovvertire le istituzioni. Se poi si compiono violazioni dei diritti
umani, dispiace magari, ma questo fatto non mette in pericolo le istituzioni,
il palazzo, e quindi si possono, se compiute, coprire con il segreto di Stato.
Ma non è così, abbiamo prima visto come con i primi due articoli i
costituenti abbiamo voluto affermare
il primato della persona sullo Stato, cioè che la tutela dei diritti
fondamentali dell’uomo, anche di un solo uomo, viene prima della tutela di ogni
istituzione politica e ad ogni potere costituito.
Ma poi, come risolve la Corte Costituzionale
l’evidente contrasto con quanto statuito in materia in ambito internazionale ed
europeo? La Suprema Corte se la “cava” con una mezza paginetta il cui afferma che:
“…su un piano generale conviene, innanzitutto, con le risoluzioni del
Parlamento Europeo circa la illiceità delle c.d. “consegne straordinarie”
perché contrarie alle tradizioni costituzionali e ai principi di diritto degli
Stati membri dell'Unione Europea ed integranti specifici reati”.
E, dunque, anche con la risoluzione 1507/2007 in cui si afferma
che non è possibile utilizzare il segreto di stato per
impedire gli accertamenti giudiziari o parlamentari su questo tipo di
violazioni, ma, in questo caso, la Corte ritiene il segreto di stato
validamente opposto perché:
“neppure da tali risoluzioni può trarsi la conclusione della
riconducibilità del reato costituito dall'ipotizzato sequestro di persona ad un
fatto “eversivo dell'ordine costituzionale”.
Non può trarsi la conclusione? La risoluzione dice chiaramente e
letteralmente che sulle extraordinary redention e su violazioni simili, ovvero sulle
violazioni dei diritti umani, il segreto di stato non può essere opposto e
basta. Non lo vincola in nessun modo al
fatto che tu possa configurarlo come un fatto eversivo o meno. Cioè il sequestro a scopo di tortura non può essere
coperto dal segreto di Stato, qualunque sia il nome che tu vuoi dare a questo
comportamento.
Ma ancora non basta, perché la Corte nella sentenza afferma una
cosa ancora più grave, ovvero che non è suo compito valutare se
e come il governo utilizzi il potere di segretazione.
Non è suo compito? Ma è
proprio questo il suo compito. La Corte svolge una funzione di
controllo costituzionale, e la politicità di un atto non esclude il suo
controllo, anzi è proprio questo che deve fare la Corte, deve valutare se il
potere politico ha, con un suo atto, violato i principi sanciti dalla
Costituzione. E questa valutazione deve essere compiuta anche per quanto
concerne il segreto di Stato perché la discrezionalità
del Presidente del Consiglio nel decidere su cosa apporre il segreto di stato
non è libera, ma incontra precisi limiti.
- I limiti previsti dalla costituzione,
- i limiti imposti dagli strumenti internazionali ed
europei
- e
i limiti previsti dalla stessa legge sul segreto di Stato.
E se il
rispetto dei limiti posti dalla legge sul segreto di Stato è demandato al
Parlamento e Comitato
parlamentare di controllo,
ora il COPASIR, il rispetto dei limiti costituzionali e di previsti dalle norme
internazionali ed europee è demandato proprio alla Corte Costituzionale.
Con questa sentenza, invece, la corte abdica alla sua funzione ed
abbandona nelle mani del potere politico la tutela dei diritti umani e la
gestione del segreto di Stato.
Sentenza gravissima dunque che, come dicevamo, per
un perverso gioco del pregiudizio che rende ciechi, non aveva suscitato grande
allarme.
Ma,
se una situazione è giusta o sbagliata prima o poi ci riguarda, e voltare lo
sguardo da un’altra parte non solo non serve ma, nel corso della storia, ha portato
a conseguenze tragiche.
Ed
invece noi ci siamo voltati dall’altra parte. A riportarci alla tragica realtà
è, però, arrivata la sentenza n. 40 del 2012 in cui la Corte Costituzionale
ribadisce i principi espressi nella sentenza sul sequestro di Abu Omar, solo
che questa volta vittime di reati gravissimi sono intere categorie di cittadini
italiani, ovvero cittadini che avevano un’idea politica opposta a quella del
governo. Infatti, dicevamo il totalitarismo rovesciato, a differenza del
totalitarismo classico che arrestava, purgava o mandava in esilio gli
oppositori, non mira apertamente a sopprimere le opposizioni, utilizza un altro
metodo. Vediamo quale.
La Procura
della Repubblica di Milano, scopre che a Roma, in Via Nazionale, il SISMI
dispone di un ufficio deputato ai depistaggi, alla creazione di documenti falsi
e al condizionamento della stampa, dove ritrova un archivio contenente migliaia
di note e dossier illegali su politici, magistrati, giornalisti, personaggi del
mondo economico- finanziario, sindacale, ecc....
Responsabile del centro è Pio Pompa, ex dipendente Telecom, in stretto contatto con il direttore del SISMI Nicolò Pollari, a cui invia regolari rapporti.
Il centro,
si scopre con le indagini, era deputato non solo alla
raccolta di dossier su intere categorie di cittadini
giustificata non da un potenziale pericolo per la sicurezza nazionale, ma solo
dalle loro (reali o presunte) idee politiche, ma si attivava anche per
compiere, o far compiere da terze persone, reati nei confronti di questi
cittadini allo scopo di rovinargli la vita personale e professionale.
Dalla
lettura delle relazioni, infatti, si evince che vi era un programma finalizzato
a «neutralizzare» e «disarticolare», anche con «eventi traumatici», persone e gruppi
indicati come «nemici» non delle istituzioni, ma del governo.
Insomma un
centro in cui veniva portato avanti un programma illegittimo ed anticostituzionale
di controllo, intimidazione e aggressione di parte della società civile della
nazione considerata di “parte politica avversa”, ovvero all’opposizione.
Iniziano le
indagini ed il governo che fa? Anche questa volta, ovviamente, pone il segreto
di stato. Ci manca solo che si scopra la modalità con cui il regime opera per
disarticolare anche con eventi traumatici gli oppositori.
La procura
si rivolge quindi nuovamente alla Corte Costituzionale sostenendo che
utilizzare i servizi segreti per controllare intimidire ed aggredire parte
della popolazione italiana solo perché di idee politiche diverse da quelle del
governo forse mina alla base quei principi e quei valori che sono alla base di
una democrazia, ovvero i valori fondamentali di intere categorie di cittadini. E dunque, tali reati non possono essere
coperti con il segreto di Stato.
Ma, anche in questo caso, la Corte conferma la validità
dell’apposizione del segreto di Stato perché per i giudici, se i servizi
segreti hanno utilizzato i fondi per attività non istituzionali, il reato
ravvisabile è quello di peculato, non di eversione dell’ordine costituzionale, perché
conferma ancora una volta la Corte, connotato imprescindibile del fatto eversivo
… è la sua preordinazione «a sovvertire, disarticolandolo, l’assetto
complessivo delle Istituzioni democratiche”.
Ma “le Istituzioni
democratiche” non ha a fondamento il Palazzo, ma i diritti fondamentali dei
cittadini.
Sequestrare, torturare, spiare, intimidire o commettere reati nei confronti
di intere categorie dei cittadini solo perché di opinione politica diversa non
solo non ha nulla a che vedere con uno Stato che si vuole definire democratico,
ma è la sua esatta negazione dal momento che il valore primo e fondante di una
democrazia è il rispetto dei diritti umani e il rispetto della
dignità della persona, anche di una
sola persona.
La
nostra costituzione afferma, lo ripetiamo, il
primato della persona sullo Stato, cioè che la tutela dei diritti fondamentali
dell’uomo, anche di un solo uomo, viene prima della tutela di ogni istituzione
politica e ad ogni potere costituito.
Ma,
per la Corte, non è così. E con queste due sentenze ha lasciato al potere la
tutela dei diritti fondamentali dei cittadini e la possibilità di segretare ciò
che vuole senza controllo.
E
come usa il potere questa possibilità? Facciamo subito un esempio.
Quando
scoppiò lo scandalo che coinvolse il Sismi, il potere, ricordiamo che l’inganno
è uno degli strumenti principali del totalitarismo rovesciato, con la scusa di
voler migliorare la normativa sui servizi segreti perché fatti del genere non potessero
più verificarsi, riformò la legge sui servizi segreti. E come riformò la legge,
migliorandola? No, assolutamente.
La nuova
legge, infatti, anziché porre rimedio a quelle lacune che avevano permesso gli
abusi, le estende, incostituzionalmente, a nuovi settori. Quali? Quelli: "economici,
finanziari, industriali, scientifici, tecnologici, sanitari ed ambientali".
Ma, per
capire bene come il totalitarismo rovesciato opera, dobbiamo vedere come questo
potere sia riuscito ad operare questa vergognosa estensione e che uso ne abbia
fatto. Vediamo. Durante i lavori preparatori alla nuova legge sulla disciplina
dei servizi segreti venne avanzata la proposta di estendere il segreto di Stato
ai settori sopra citati. La proposta venne bocciata perché, si evidenziò, si
poneva in contrasto con:
poneva in contrasto con:
- la Costituzione, perché il segreto di Stato può essere posto solo per tutelare gli interessi supremi dello Stato, inteso come Stato comunità, cioè formato da popolo, non dal Palazzo, e quindi per tutelare l’integrità della Repubblica, indipendenza e difesa della nazione, e non su interessi economici, finanziari, ecc...;
- la stessa legge di riforma che all'art. 39 prevede appunto possono essere coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recare danno all’integrità e all’ indipendenza della Repubblica, o a difesa della nazione. Dunque anche questo articolo non parla di interessi economici o finanziari.
Ma,
nonostante questa chiara manifestazione di volontà del Parlamento, e le
previsioni della Costituzione, pochi mesi dopo l’emanazione della legge, con un
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.PCM), la possibilità di
porre il segreto di stato in questi settori è stata comunque reintrodotta. E
come? Ovviamente in maniera non plateale, ma scrivendo: “al punto 1
dell’“allegato” al regolamento a cui rinvia l'art. 5 del decreto”.....come
a dire: ora vattelo a trovare.
Il governo
ha, quindi, reintrodotto la previsione di estendere il segreto di Stato ai
settori economici, finanziari, industriali, scientifici, tecnologici,
sanitari ed ambientali, contro
-
la volontà del
legislatore;
-
la Costituzione;
-
la stessa legge
che disciplina il segreto;
Così, grazie
a tale arrogante ed incostituzionale estensione, ad esempio, il governo ha potuto
secretare i siti del nostro territorio in cui sono presenti rifiuti tossici,
depositi di scorie, inceneritori, discariche, ecc.
Anche
l’ambiente, ovviamente, è un valore primario ed assoluto nell’ambito del nostro ordinamento e la sua
salvaguardia è un: “diritto fondamentale dell’uomo
ed interesse fondamentale della collettività perché il cittadino ha diritto a vivere in un ambiente salubre.
Quando ciò non
avviene, ovvero il territorio è inquinato, il cittadino ha diritto a chiedere
allo Stato:
- - la bonifica dei territori inquinati;
- - il risarcimento del danno alla salute arrecato da fenomeni di
inquinamento;
- - una pronuncia
inibitoria alla continuazione di comportamenti inquinanti, ovvero ha diritto a
che lo Stato intervenga per impedire che si continui ad inquinare ancora.
Un bel fastidio per il regime, come
impedire, quindi, che il cittadino possa esercitare i suoi diritti? Ponendo il segreto di stato sui territori inquinati, così da
sottrarne al controllo delle aziende sanitarie locali il monitoraggio, nonché
prevedendo anche un divieto di divulgazione di informazioni, notizie e documenti
inerenti i suddetti siti, per non far sapere ai cittadini che il posto dove
vivono è inquinato.
Senza
prova dell’inquinamento non c’è risarcimento, senza prova dell’inquinamento il
governo non deve attivarsi e spendere i soldi per bonificare e, senza la prova
che un’azienda inquini, il governo può dare tranquillamente l’autorizzazione a
produrre.
Ma,
a dire la verità, nella situazione disastrosa in cui siamo, poco cambia anche
quando si sa che l’azienda, con arrogante noncuranza, produce quantità
sconcertanti di veleni che ammazzano la
gente ogni giorno, perché con un bel decreto legge, il governo non
solo le permette di continuare a produrre ma, stravolgendo completamente la
costituzione e le leggi in materia di responsabilità penale, concede anche
l’immunità a chi dirige l’azienda che inquina.
E sì, perché se si tratta di scegliere tra causare la morte
di un numero indeterminato di cittadini ed un danno economico, è ovvio che il
regime, scelga la morte dei cittadini. Dal
momento che la tutela dei diritti fondamentali è passata al “Palazzo”, ovvero al
potere politico, e che questo è guidato da uomini d’affari che non hanno come
obiettivo il bene della collettività, ciò non deve sorprendere.
La
costituzione, infatti, è ormai divenuta un’ancella del potere, non la sua
coscienza. E come questo sia vero è stato confermato anche dalla recente
sentenza n. 1 del 2014 della Corte Costituzionale.
Ne
abbiamo già accennato nel video precedente. La sentenza riguarda la legge n. 270 del 21 dicembre 2005,
ovvero il porcellum.
Con la sentenza n. 1 del 2014 la
Corte Costituzionale dichiara illegittime alcune parti di quella legge con la
conseguenza che 148 parlamentari eletti con il premio di maggioranza
(dichiarato incostituzionale), siedono illegittimamente in Parlamento.
La Corte, ricordiamolo, ravvisa
infatti che con il porcellum:
Primo: venivano violati i principi
dell’elettorato, perché in una democrazia il popolo ha diritto alla
«scelta del corpo legislativo», ovvero dei candidati alle camere. Invece il
porcellum non permetteva all’elettore di esprimere alcuna preferenza per i
candidati, ma solo di scegliere una lista di partito, cui era rimessa la
designazione di tutti i candidati.
Secondo: il meccanismo previsto per il premio di maggioranza non
solo era assolutamente irragionevole e non portava nessun vantaggio in termini
di governabilità, ma provocava una alterazione degli equilibri istituzionali
democratici.
E, certo, abbiamo visto che il totalitarismo rovesciato dice di
voler operare in un sistema democratico e bipartitico, ma si vorrà mica dare
agli elettori la possibilità di scelta dei parlamentari, ovvero di poter
esercitare il loro diritto? Le elezioni sono scocciature per il regime,
diciamocelo, se si può, come sta avvenendo oggi, si impedisce all’elettore di
votare, e se proprio le elezioni si devono fare per mantenere una facciata
democratica, si deve trovare il modo di limitare la possibilità di scelta
all’elettorato.
Ma Torniamo alla sentenza che dichiara incostituzionale il
porcellum. Dichiarare incostituzionale la legge elettorale con cui sono stati
eletti i deputati che siedono in parlamento significa delegittimare il Parlamento,
con tutte le conseguenze del caso.
Che fare allora? Anche questa volta ci pensano i giudici
della Corte costituzionale che, nella stessa sentenza che dichiara
incostituzionale il porcellum, decidono di applicare il principio di continuità
dello Stato. Cosa significa? Significa che il potere politico è più importante
del rispetto della costituzione stessa.
Ma,
per capire la gravità di tale affermazione della Corte riporto quanto scritto
dall’ex presidente della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky:
“Il ricorso al
principio di continuità dello Stato… è “devastante.
Perché? Perché se
prima eravamo uno stato costituzionale, ovvero uno stato che trovava nella
costituzione il suo perno, oggi siamo uno stato che ha una costituzione.
Lo “Stato che ha una costituzione” è quello cui si
attribuisce una sostanza politica, un’esistenza reale e autonoma che precede e,
dunque, condiziona la Costituzione.
L’esistenza d’una costituzione è soltanto
un’eventualità: importante ma non essenziale. L’essenziale è lo Stato.
Se tra la Costituzione e lo Stato si crea una
contraddizione, allora la costituzione cede allo Stato e lo Stato può
scrollarsi di dosso l’ingombro rappresentato da una legge ch’esso stesso, per
tempi più tranquilli, si è data. Ma Chi è il sovrano? È lo Stato, come dice
implicitamente la Corte, o è la Costituzione (o il popolo che agisce nelle
forme e nei limiti della Costituzione) come dice l’art. 1, comma 2 Cost ?
Quando si guarda dietro alle parole, si vede che
dietro lo Stato stanno forze politiche e si può concludere con l’inquietante
constatazione che la sentenza della Corte, liberandole dal vincolo della
Costituzione, ne ha legittimato la nuda forza, priva di diritto, e ha
de-costituzionalizzato la politica.
E quando proprio la
corte costituzionale, custode dei principi fondamentali di uno stato
democratico, libera il potere politico dal dover rispettare la costituzione e
ne legittima la nuda forza priva di diritto, come dice Zagrebelsky, non deve
sorprendere che il regime operi in maniera arrogante.
Tanto arrogante da
non affrettarsi a scrivere una nuova legge elettorale per permettere ai propri
cittadini di esercitare i propri diritti democratici, ma di restare,
delegittimato in carica anni.
Tanto arrogante da voler, proprio questo potere delegittimano, cambiare
la costituzione. E ovviamente cambiarla in peggio per i cittadini, perché è una
riforma che toglie potere al popolo e mette nelle mani del regime le poche
risorse che ancora il paese possiede permettendogli di cederle a privati. Ma
torneremo con un video dedicato proprio a questa riforma.
Ma anche questo è
normale, perché il potere del totalitarismo rovesciato è
indeterminato, insofferente alle restrizioni, incurante dei confini,
soprattutto costituzionali, e determinato a sviluppare la capacità di imporre
la propria volontà in tempi e luoghi da esso stabiliti.
Non
deve perciò sorprendere che si assista ad un crescente abbandono della divisione dei
poteri a favore dell’esecutivo, non deve sorprendere che il Parlamento si sia
ridotto a cassa di risonanza delle scelte del governo. Basti pensare a quanto
successo con la riforma del lavoro, il Job acts, che presenta numerosissime
violazioni della Costituzione, sono state rilevate violazioni degli artt. 1, 24, 35,
36, 37, 38, 39, 40, 76, 117 e 119.
O ancora, sempre per
fare un esempio, quanto successo con la votazione sulla legge di Stabilità: La
legge, anche in questo caso scritta dal governo, è stata consegnata ai senatori
perché ne prendessero visione a notte fonda, è stato loro concesso non più di
un’ora per leggere oltre 140 pagine illeggibili e piene di errori, (ad esempio,
vi era scritto, l’art. tot. Richiama al comma 765, quando i commi della legge
erano 750, ecc..) Vista l’impossibilità di capire cosa gli si chiedeva di
firmare i senatori hanno chiesto
al Presidente del Senato di intervenire e rinviare la votazione, ma la loro
legittima richiesta è stata respinta dal presidente che ha affermato
testualmente: “…il Governo si è assunto la responsabilità del testo e su quello
ha posto la questione di fiducia”.
Si è assunto la
responsabilità? Ma cosa significa? Ma è il Parlamento che ha la funzione
legislativa e che con il suo voto approva le leggi ed ha, quindi, tutto il
diritto di capire almeno cosa vi sia scritto. Ed invece no. In piena notte il
governo, arrogante ed infastidito delle legittime richieste dei parlamentari,
ha posto la fiducia. Un esecutivo che, ad oggi, ha posto la fiducia un numero
irragionevole ed immotivato di volte, una ogni 10 giorni. Ma anche questo non
deve sorprendere. Caratteristica di questo regime è, come abbiamo detto, che è insofferente
alle restrizioni, e determinato ad imporre la propria volontà in tempi e luoghi
da esso stabiliti. Si fa quello che voglio io, quando lo dico io e come lo
voglio io.
Ed, in ultimo, non
possiamo non evidenziare come questo regime abbia attuato, anche violando gli
accordi precedentemente presi con altre forze politiche, una mossa
propagandistica da maestro volendo imporre il nome di un giudice della Corte
Costituzionale come presidente della Repubblica.
Quale prova di
arroganza e forza migliore, per un potere delegittimato da una sentenza della
Corte Costituzionale, di quella di eleggere un giudice di quella Corte a
massima carica dello Stato?
Il presidente della Repubblica, poi, è come abbiamo ricordato
il garante della costituzione, ovvero con la propria firma garantisce che la
legge non viola i principi democratici presenti nella carta costituzionale.
E non può che lasciare l’amaro in bocca la constatazione che,
ad oggi, il Presidente della Repubblica, abbia posto la sua firma sia sul decreto salva
Ilva che sui due decreti
attuativi del Jobs Act e sulla nuova elegge elttorale, c.d.
Italicum che, lo diciamo subito presenta le stesse problematiche costituzionali
del porcellum, il legislatore si è limitato a cercare di aggirare la
sentenza della Corte, come? nel modo che abbiamo imparato a conoscere, facendo
finta di cambiare tutto per non cambiare nulla. La scelta dei parlamentare
resta comunque nelle mani della segreteria dei partiti e il premio di
maggioranza continua a violare le basilari regole di rappresentatività.
Giustamente il prof. Aldo Giannuli, a proposito di
questa legge, che definisce truffa, afferma:
questo è il gioco delle tre
carte di un ceto politico di disonesti peggiore di qualsiasi tangentista.
Diciamo le cose come stanno: questa è una legge fatta per essere sicuri di
restare al potere e tornare a rubare. Mattarella avrebbe dovuto far notare che questa
legge è “leggermente” incostituzionale, ma, soprattutto, il suo dovere sarebbe
stato quello di tutelare le minoranze opponendosi ad una legge non consensuale
sulle regole del gioco.
Ma il totalitarismo rovesciato non aspira solo ad
accrescere il suo potere all’interno della nazione, ma anche all’esterno. Ha,
cioè, mire espansionistiche ma non nel senso di nuove conquiste territoriali, che poco
interessano all’élite al potere, ma vuole espandersi nel senso aziendale del
termine, ovvero permettere alle élite di espandere il loro commercio in nuovi
territori all’uopo “liberati” e resi disponibili a nuove imprese di
colonizzazione commerciale e finanziaria.
Vedremo nel prossimo
video come.
[1] 1948: la
Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e punizione del crimine di
genocidio; la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni
Unite; 1949: le Convenzioni di Ginevra; 1950: la Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del Consiglio
d’Europa; 1956: la Convenzione supplementare delle Nazioni Unite
sull’abolizione della schiavitù, del commercio di schiavi e sulle istituzioni e
pratiche assimilabili alla schiavitù; 1957: le Regole minime standard delle
Nazioni Unite per il trattamento dei prigionieri; 1965: la Convenzione delle
Nazioni Unite sull’eliminazione della discriminazione razziale; 1966: il Patto
internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite; 1975: la
Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla protezione di tutte le persone
sottoposte a tortura o altri trattamenti o pene crudeli, inumani e degradanti; 1977:
i due Protocolli addizionali alle Convenzioni di Ginevra; 1979: il Codice di
condotta delle Nazioni Unite per i funzionari che applicano la legge; 1981: la
Carta africana sui diritti dell’uomo e dei popoli dell’Organizzazione
dell’Unità Africana; 1982: i Principi di etica medica relativi al ruolo del
personale sanitario, in particolare medici, nella protezione dei prigionieri e
dei detenuti contro la tortura e gli altri trattamenti o punizioni crudeli,
inumani o degradanti delle Nazioni Unite, ecc... sino allo Statuto di Roma del
1998.
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