Tutte
le società umane
sono
in ogni tempo ben più interessate
all'apprendimento
di tecniche per non vedere,
per
ignorare, per volgere gli occhi altrove,
piuttosto
che di strumenti volti ad affinare lo sguardo,
ad
accrescere la vigilanza
Legato al Male è chiunque abbia visto e non abbia agito,
chiunque abbia distolto lo sguardo,
perché non voleva vedere, sebbene avesse potuto farlo,
ma colpevoli sono stati anche tutti coloro che
L’Italia e i diritti umani.
Con
questa serie di articoli del primo numero della rivista dell’Accademia ci
vogliamo concentrare su alcune delle principali criticità presenti in ambito
costituzionale, giurisdizionale, istituzionale e legislativo.
Cercheremo
di farlo utilizzando il più possibile un linguaggio comprensibile a tutti,
cercando cioè di evitare il c.d. “giuridichese stretto” che rende, ai non
esperti del settore, difficilmente comprensibile la materia trattata. La
rivista, infatti, non vuole essere indirizzata solo ai giuristi perché
riteniamo estremamente importante che il diritto sia accessibile, in tutte le
sue sfaccettature, ad un pubblico ampio, ovvero alla società civile.
Premessa.
L’Italia
è una Repubblica democratica.
Fondamento
perché uno stato possa considerarsi democratico è la tutela dei diritti umani
del singolo individuo prevista a livello internazionale[3],
europeo[4]
e nazionale[5].
La storia
insegna come la tutela dei diritti fondamentali
dell’individuo non sia mai stata, né mai sarà, una priorità dei governi, e le
conquiste nel campo dei diritti umani siano avvenute o perché strumentali ad
altri interessi[6]
o perché sollecitate dal singolo[7],
da ONG o dalla società civile, che hanno operato una pressione tale che i vari
governi, per continuare ad avere il consenso e mantenere il potere, hanno
dovuto approvare determinate leggi, anche se, poi, hanno cercando, comunque, di
renderle inefficaci nella pratica: “la
loro tattica consiste nel cercare di indebolire quelle normative, togliendo
loro incisività o procurando di incuneare in esse utili scappatoie[8]”.
Conseguentemente
non deve neanche sorprendere che nei paesi ove tali violazioni vengono compiute
i governi operino per impedire che queste vengano scoperte e i responsabili
condannati dal momento che, come nel caso della tortura questa “oggi è praticata quasi esclusivamente su
istigazione o con l’avvallo dei governi[9]”.
Ciò che
deve “far tremare le vene ai polsi” è, invece, quando coloro che sono chiamati
a controllare che queste norme imperative in ambito nazionale ed internazionale
vengano rispettate abdichino al loro compito o si pronuncino seguendo un iter
logico giuridico che è difficile condividere.
Sequestro a scopo di tortura di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar.
Il fatto.
Il 17
febbraio 2003 l’ex Imam di Milano Abu Omar viene prelevato da alcuni uomini in
pieno giorno nel centro di Milano. La moglie denuncia il fatto alla Procura
della Repubblica di Milano ed iniziano le indagini.
Nel giro di
pochi giorni le false informative giungono numerose. La prima è quella dei ROS,
che in una nota segnalano come Abu Omar si sia allontanato volontariamente
portando con sé documenti e passaporto. Ancora qualche giorno ed ecco che la
CIA invia una nota alla Direzione Centrale Polizia di Prevenzione, in cui è
scritto che Abu Omar si sarebbe trasferito volontariamente in una non precisata
località dei Balcani[10]
Quindi è il
momento del direttore del SISMI, Nicolò Pollari, che comunica al Parlamento
Europeo di aver saputo da un informatore privato che Abu Omar si sarebbe
allontanato volontariamente con agenti della CIA[11].
Fortunatamente
la Procura non archivia e nel corso di perquisizioni e sequestri – una delle quali
operata il presso una sede dei servizi segreti-
acquisisce alcuni atti senza che venga opposto alcun segreto di stato. Le
indagini portano la Procura di Milano a scoprire che l’ex Imam è stato rapito il 17 febbraio 2003 nel centro di Milano da
uomini della CIA e del SISMI, quindi trasferito nella base militare di Aviano,
e qui imbarcato su un volo diretto in Egitto, dove per mesi è stato interrogato
e torturato in una prigione del Cairo.
I magistrati
convocano, quindi, il direttore del SISMI per interrogarlo.
Alle domande dei magistrati il generale Pollari non risponde, sostenendo di essere vincolato dal segreto di Stato[12].
Alle domande dei magistrati il generale Pollari non risponde, sostenendo di essere vincolato dal segreto di Stato[12].
La Procura
di Milano chiede, quindi, di poter ottenere i documenti in possesso del Governo
inerenti al sequestro di Abu Omar, ma le viene opposto il segreto di Stato e,
qualche mese dopo il
segreto viene opposto anche su alcuni dei documenti precedentemente sequestrati
dagli inquirenti.
La Procura non si perde d’animo e, nonostante i depistaggi, le apposizioni del segreto di stato e gli attacchi del mondo politico e della stampa[13], prosegue le indagini, riesce ad ottenere prove del sequestro facendo a meno dei documenti secretati e rinvia a giudizio agenti del Sismi e della Cia.
A questo punto il Governo pone il segreto su altri documenti, precedentemente non secretati, e allegati alla richiesta di rinvio a giudizio, cui fa seguire la ulteriore richiesta di invalidare tutte le indagini a quegli atti collegate. Nello specifico il segreto viene opposto non sul fatto reato, ma sui rapporti tra Servizi italiani e stranieri, ancorché esso fosse “in qualche modo collegato o collegabile” con il fatto storico costituito dal sequestro di persona
La
Procura della Repubblica di Milano solleva, quindi, conflitto di attribuzione
sostenendo, tra le altre cose, ma è questo il punto che analizzeremo:
“…la non opponibilità del segreto di Stato in relazione ai fatti oggetto
dell'indagine, attesa «la natura eversiva dell'ordine costituzionale» che li
connoterebbe.
A tale categoria, infatti, sarebbero da
ricondurre non «i soli fatti politicamente eversivi in senso stretto», ma anche
«quei fatti illeciti che contrastino con i “principi supremi” del nostro
ordinamento, tra cui le norme costituzionali che garantiscano i diritti
inviolabili dell'uomo»: nella specie, ciò sarebbe avvenuto attraverso le c.d.
“consegne straordinarie”, vale a dire il sequestro, sul territorio nazionale,
di persone da tradurre manu
militari in altri Paesi, per essere ivi interrogate con l'uso di
violenza fisica o morale che il segreto di stato non può
essere posto su tale vicenda perché trattasi di un atto eversivo dell’ordine
costituzionale[14]”.
La Presidente del Consiglio dei Ministri si costituisce contestando:
“ …che l'oggetto dell'indagine
milanese possa considerarsi «fatto eversivo dell'ordine costituzionale» −
identificato in quello «volto al mutamento dell'ordinamento per via
rivoluzionaria o comunque violenta» − attesa la contestazione, nel caso di
specie, del reato di cui all'art. 605 cod. pen. (Sequestro di persona) e non
già quello di cui all'art. 289-bis (Sequestro
di persona a scopo di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico)[15]”.
Le
consegne straordinarie nelle risoluzioni e sentenze europee
Per
meglio comprendere e valutare la decisione della Suprema Corte ricordiamo
preliminarmente cosa è previsto in ambito internazionale ed europeo (purtroppo
in ambito nazionale tale reato non è neppure previsto) riguardo la tortura.
In ambito
internazionale oggi gli Stati riconoscono un insieme di norme che incorporano
valori supremi dell’ordinamento giuridico internazionale nel suo complesso e
che, quindi, sono inderogabili.
Le norme poste a tutela di questi valori fondamentali costituiscono i c.d. jus
cogens internazionale (art. 53 Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del
1969[16]).
Tra le norme di jus cogens a cui non si può in nessun
modo derogare, vi sono le forme più gravi di violazione dei diritti umani: genocidio, schiavitù,
tortura, apartheid.
Questo
perché è principio universalmente accettato che: Democrazia significa “rispetto della dignità della persona”; tortura
significa “umiliazione ed annientamento di quella dignità. La tortura
costituisce l’aspetto patologico dell’assenza di democrazia. Essa infatti nasce
là dove mancano, o sono indebolite, tutte quelle garanzie istituzionali e
processuali che della democrazia sono l’espressione indispensabile[17]”.
In
ambito europeo
L’art. 3
della Convenzione Europea del 1950 sui diritti umani, recita: “Nessuno deve essere sottoposto a tortura o
a trattamenti inumani e degradanti” e nelle sue pronunce la Corte europea
dei diritti dell’uomo ha costantemente evidenziato come i valori proclamati
dalla convenzione siano così importanti da imporre agli stati contraenti di
astenersi da qualunque azione che in qualche modo possa contribuire a rendere
possibili, anche da parte di stati terzi, possibili violazioni della
convenzione[18].
Proprio
in ottemperanza a questi principi:
- diverse risoluzioni del Parlamento europeo hanno affermato l'illiceità delle c.d. “consegne straordinarie” (ovvero quanto successo ad Abu Omar);
- La risoluzione 1507/2007 ha stabilito che: Né la sicurezza nazionale, né il segreto di stato possono essere invocati in un così vasto, sistematico modo per proteggere queste operazioni illegali da un energico controllo parlamentare e giudiziario” (punto 12). Anzi, sono necessarie indagini approfondite e urgenti risposte, tanto a livello parlamentare che governativo da parte degli Stati membri (p.13); l’espletamento di indagini su ogni aspetto delle renditions e di altre violazioni analoghe costituisce un impegno per gli Stati membri, per il cui migliore adempimento il Comitato dei Ministri è invitato ad assumere le necessarie iniziative (punto 19 Risoluzione e 4.3 della Raccomandazione)[19];
- la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha ribadito che “l’articolo 3, che proibisce in termini assoluti la tortura o le pene o trattamenti inumani e degradanti, sancisce uno dei valori fondamentali delle società democratiche. Non prevede limitazioni, e... non subisce alcuna deroga ... anche in caso di un pericolo pubblico che minacci la vita della nazione” (sentenza n. 12584/08)
La sentenza 106/2009 della Corte
Costituzionale
Nonostante
le chiare Risoluzioni appena citate per la Corte Costituzionale il segreto di
stato è stato validamente apposto ed opposto per:
“l’impossibilità di ravvisare, nel reato in questione, il contenuto
fondamentale del fatto eversivo dell'ordine costituzionale, rappresentato dalla
sua necessaria preordinazione a sovvertire l'ordine democratico o le
Istituzioni della Repubblica, ovvero
a recare offesa al bene primario della personalità internazionale dello Stato…
un singolo atto delittuoso, per quanto grave, non è di per sé suscettibile di
integrare un fatto eversivo dell'ordine costituzionale, se non è idoneo a
sovvertire, disarticolandolo, l'assetto complessivo delle Istituzioni
democratiche[20]”.
Secondo la Suprema Corte, poi, la conferma che non si tratti di un
atto eversivo risulta:
- dalle determinazioni
assunte dalla stessa Procura, la quale ha ritenuto di ravvisare, nella specie,
non la sussistenza del reato di cui all'art. 289-bis del
codice penale (Sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione), ma
soltanto di quello previsto e punito dall'art. 605 cod. pen. (Sequestro di
persona).
- il Giudice del
dibattimento, non ha accolto la richiesta del PM di qualificare i reati
contestati agli imputati come fatti eversivi dell'ordine costituzionale
motivando il diniego con il fatto che non essendo stato apposto ed opposto
alcun segreto di Stato l'eventuale declaratoria di eversività dell'ordinamento
costituzionale del reato contestato» nulla «toglierebbe o aggiungerebbe alla
possibilità di perseguimento del reato in questione».
Ma come
risolve la Suprema Corte l’evidente contrasto con quanto statuito in materia in
ambito europeo? La Suprema Corte se la “cava” con una mezza paginetta il cui
iter logico giuridico, ancora una volta, lascia perplessi. Vediamo.
La Corte afferma che:
“…su un
piano generale conviene, innanzitutto, con le risoluzioni del Parlamento
Europeo circa la illiceità delle c.d. “consegne straordinarie” perché contrarie
alle tradizioni costituzionali e ai principi di diritto degli Stati membri
dell'Unione Europea ed integranti specifici reati”.
E, dunque, anche con la risoluzione 1507/2007 in cui si afferma
che non è
possibile utilizzare il segreto di stato per impedire gli
accertamenti giudiziari o parlamentari su questo tipo di violazioni ma, in
questo caso ritiene il segreto di stato validamente opposto perché:
“neppure da tali
risoluzioni può trarsi la conclusione della riconducibilità del reato
costituito dall'ipotizzato sequestro di persona ad un fatto “eversivo
dell'ordine costituzionale”, come ipotizzato dalla Procura della Repubblica di
Milano”.
Non può trarsi la conclusione? La risoluzione dice che su questo
tipo di violazioni il segreto di stato non può essere apposto/opposto,
indipendentemente da come le si voglia qualificare, indipendentemente dalla
categoria del diritto interno a cui le si voglia ricondurre.
Ma si ritiene errato anche non qualificare tale condotta come atto
eversivo dell’ordine democratico. Infatti “l’articolo 3
della Convenzione Europea del 1950 sui diritti umani che proibisce la tortura sancisce uno dei valori fondamentali delle
società democratiche (sentenza n. 12584/08), ciò
significa che porre in essere condotte che violano i valori fondamentali di
uno stato democratico significa sovvertire quell’ordine:
Il carattere democratico di uno
stato può essere scomposto in una serie di valori fondamentali, innanzitutto
quello della dignità della persona. Il segreto di stato non può dunque essere
apposto e di conseguenza opposto per tutelare azioni che ledano quei valori …
che concorrono a qualificare la repubblica come democratica [21]
Come si ritiene errato anche voler sostenere che non trattasi di
reato eversivo perché agli imputati non è stato contestato un reato di
eversione:
Il
concetto di «fatti eversivi dell’ordine costituzionale» …non identifica - né
pretende di identificare - specifiche fattispecie criminose nominativamente
individuate da contestare all’imputato... persegue invece… lo scopo di
«qualificare», come «fatti eversivi dell’ordine costituzionale», le più varie e
disparate fattispecie di reato che in sede interpretativa siano ritenute
suscettibili di pregiudicare il nucleo fondamentale dei valori costituzionali
(li si chiami principi supremi o non)[22].
Come, infine, non condivisibile appare, nella motivazione della
sentenza, considerare rilevante per negare l’eversività che il giudice del
dibattimento non abbia accolto la
richiesta del PM di qualificare i reati contestati agli imputati come fatti
eversivi dell'ordine costituzionale perché che non essendo stato apposto ed
opposto alcun segreto di Stato[23] l'eventuale declaratoria
di eversività dell'ordinamento costituzionale del reato contestato» nulla
«toglierebbe o aggiungerebbe alla possibilità di perseguimento del reato in
questione:
Le condotte
perpetrate ai danni di Abu Omar sono “in contrasto con i
valori fondanti la Repubblica e con gli strumenti internazionali ratificati
dall’Italia, come s’è innanzi visto. Di conseguenza mai potrebbe esser apposto
(prima ancora che opposto) il segreto a loro tutela e mai un’operazione
clandestina di tal genere potrebbe esser legittimamente approvata dall’autorità
politica[24].
Tale
sentenza, il cui iter logico-giuridico si palesava, per quanto concerne
l’effettiva tutela dei diritti umani in Italia, in tutta la sua gravità già al
momento della sentenza - con tanto di rifiuto del giudice relatore di redigerla
- non ha tardato a confermare le preoccupazioni sollevate da più commentatori.
Infatti,
se per un perverso gioco del pregiudizio che rende ciechi, tale sentenza non
aveva scosso l’animo dei molti, che non percepivano alcun pericolo nella
lesione di un diritto fondamentale di un individuo dal momento che questa
veniva attuata nei confronti di un presunto terrorista extracomunitario, questi
non hanno dovuto attendere molto per rendersi conto che la decisione della Corte
si palesava pericolosa per tutti gli individui.
Ufficio del Sismi
deputato a creare dossier illegali.
Il fatto.
La Procura
della Repubblica di Milano, scopre che a Roma, in Via Nazionale, il SISMI
dispone di un ufficio deputato ai depistaggi, alla creazione di documenti falsi
e al condizionamento della stampa, dove ritrova un archivio contenente migliaia
di note e dossier illegali su politici, magistrati, giornalisti, personaggi del
mondo economico- finanziario, ecc....
Responsabile del centro è Pio Pompa, ex dipendente Telecom, in stretto contatto con il direttore del SISMI Nicolò Pollari, a cui invia regolari rapporti[25]
Responsabile del centro è Pio Pompa, ex dipendente Telecom, in stretto contatto con il direttore del SISMI Nicolò Pollari, a cui invia regolari rapporti[25]
Dalla
lettura delle relazioni si evince che il programma prevede di «neutralizzare»
e «disarticolare», anche con «eventi traumatici», persone e
gruppi indicati come «nemici» non delle istituzioni, ma del presidente del
Consiglio allora in carica[26],
Insomma un centro in cui veniva portato avanti un programma illegittimo ed anticostituzionale di controllo ed intimidazione (“al fine di commettere o di far commettere a terzi diffamazioni, calunnie e abusi d’ufficio in loro danno”) di parte della società civile della nazione considerata di “parte politica avversa”.
Insomma un centro in cui veniva portato avanti un programma illegittimo ed anticostituzionale di controllo ed intimidazione (“al fine di commettere o di far commettere a terzi diffamazioni, calunnie e abusi d’ufficio in loro danno”) di parte della società civile della nazione considerata di “parte politica avversa”.
Il consiglio
Superiore della Magistratura vuole vederci chiaro e chiede, ed ottiene, i
dossier custoditi in via Nazionale. La relazione del CSM è durissima e
sottolinea come:
- l’acquisizione della documentazione ebbe inizio subito dopo le elezioni politiche del 2001;
- fu disposta perché i magistrati oggetto di attenzione venivano considerati (in ragione dell’attività giudiziaria svolta o delle posizioni assunte nel dibattito politico-culturale) non in sintonia con la nuova maggioranza di centro-destra;
- si svolse in modo continuativo fino al settembre 2003 e in modo saltuario fino al maggio 2006;
- si proponeva di intimidire i magistrati impegnati in delicati processi, con perdita di credibilità e significativi ostacoli all’indipendente ed efficace esercizio della giurisdizione (oltre ai danni, professionali e di immagine, per i singoli);
- poteva contare sull’ausilio di appartenenti all’ordine giudiziario, anche rivestenti «qualificato incarico di supporto governativo».
Ma anche in
questo caso l’attività della magistratura viene fermata con l’apposizione ed
opposizione del segreto di Stato.
La procura
solleva, quindi, conflitto di attribuzioni sostenendo che:
“i fatti contestati agli imputati e cioè la
raccolta e l’elaborazione «di informazioni sulle opinioni politiche, i contatti
e le iniziative di magistrati, funzionari dello Stato, giornalisti e
parlamentari, nonché sulle attività di
associazioni di magistrati, anche europei, e di movimenti sindacali,
ritenuti “di parte politica avversa”, al
fine di commettere o di far commettere a terzi diffamazioni, calunnie e abusi
d’ufficio in loro danno», con appropriazione di somme, di risorse umane e di
materiali del SISMI - costituissero «fatti eversivi dell’ordine
costituzionale», i quali «in nessun caso possono essere oggetto di segreto di
Stato» (art. 39 comma 11 l. n. 124 del 2007; art. 12 l. n. 801 del 1977) …La circostanza risulterebbe tanto più significativa alla
luce della disposizione dell’art. 26, comma 1, della stessa legge n. 124 del
2007, in forza della quale la raccolta e il trattamento delle notizie, da parte
del Sistema di informazione per la sicurezza, debbono essere finalizzati
esclusivamente al perseguimento dei suoi scopi istituzionali … la formazione di
dossier su magistrati, funzionari e giornalisti, ove giustificata solo dalle
loro (reali o presunte) idee politiche e finalizzata a screditarli, non
risponda alle finalità istituzionali dei servizi, ma costituisca, al contrario,
una «attività deviata», «ai confini con l’eversione costituzionale».
La Presidente del Consiglio dei ministri:
“… dichiarava di
confermare il segreto di Stato tanto in ordine a «modi e forme dirette e
indirette di finanziamento per la gestione da parte di Pio Pompa della sede del
SISMI di via Nazionale, allorché il Servizio era diretto da Nicolò Pollari»;
quanto in relazione a «modi e forme di retribuzione, diretta o indiretta, di
Pio Pompa e Jennj Tontodimamma, collaboratori prima e dipendenti poi del
SISMI, diretto da Nicolò Pollari». Richiamando la sentenza n. 106 del 2009 di
questa Corte, il Presidente del Consiglio rilevava come la conferma del segreto
si imponesse per l’«esigenza di tutela degli interna corporis dell’allora SISMI
con riferimento al disvelamento di dinamiche interne all’attività del Servizio[27]».
Sentenza n. 40 del
2012
Riprendendo
il grave iter argomentativo del precedente arresto, la Corte ha confermato la
validità del Segreto apposto ed opposto.
Anche in questo caso la Corte, non tenendo in alcuna
considerazione le chiare ed esplicite risoluzioni europee in materia[28], ha motivato che non trattavasi di
un fatto eversivo perché agli imputati non erano stati contestati reati
eversivi (“non trova riscontro nella
formulazione del capo di imputazione”), ma un reato contro la p.a. legato all’indebito utilizzo di risorse
pubbliche (peculato), aggravato unicamente dalla finalità di eseguire altri
reati (art. 61 n. 2 c.p.):
Deve tuttavia
escludersi che, nella fattispecie in esame, possa venire in rilievo la regola
secondo la quale «in nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato
notizie, documenti o cose relativi a fatti […] eversivi dell’ordine
costituzionale»: regola enunciata dall’art. 39, comma 11, della legge n. 124
del 2007, ma che – come ripetutamente sottolineato da questa Corte (sentenza n.
86 del 1977, nonché sentenze n. 106 del 2009 e n. 110 del 1998) – esprime un
limite immanente in materia, non potendo il segreto di Stato fungere da
ostacolo all’accertamento di fatti volti a minare quegli stessi valori che è
destinato a preservare. Affinché divenga operante tale limite non basta, in
effetti, che il fatto oggetto di giudizio si ponga «ai confini» dell’eversione
costituzionale, ma occorre che li superi. Nel caso di specie, tale evenienza
non trova alcun riscontro nella formulazione del capo di imputazione … agli
imputati è contestato – con riguardo all’attività in questione – un reato
contro la pubblica amministrazione legato all’indebito utilizzo di risorse
pubbliche (il peculato), aggravato unicamente dalla finalità di eseguire altri
reati (art. 61, numero 2, cod. pen.) e non anche dalla finalità di eversione
dell’ordine democratico (art. 1, comma 1, del decreto-legge 15 dicembre 1979,
n. 625, recante «Misure urgenti per la tutela dell’ordine democratico e della
sicurezza pubblica», convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio
1980, n. 15). Questa Corte ha già avuto modo, d’altra parte, di rimarcare come
connotato imprescindibile del fatto eversivo – in linea con quanto affermato
dalla giurisprudenza di legittimità – sia la sua preordinazione «a sovvertire,
disarticolandolo, l’assetto complessivo delle Istituzioni democratiche»
(sentenza n. 106 del 2009): caratteristica che non appare riscontrabile
nell’attività criminosa – per quanto grave – oggetto del giudizio in corso[29].
Conclusioni.
Dunque
per la Corte Costituzionale è perfettamente conforme allo spirito democratico
della nazione che funzionari dello stato sequestrino un uomo a scopo di tortura,
o che creino un centro deputato all’illecito condizionamento – utilizzando
fondi dei servizi segreti per far commettere dei reati in loro danno al fine di
screditarli - di politici, giornalisti e magistrati di “opinione politica
avversa” perché “connotato
imprescindibile del fatto eversivo … sia la sua preordinazione a sovvertire,
disarticolandolo, l’assetto complessivo delle Istituzioni democratiche[30]”.
Ma “l’assetto complessivo
delle Istituzioni democratiche” non ha a fondamento il Palazzo, ma i
diritti umani. Sequestrare, torturare, spiare, intimidire e calunniare dei
cittadini non solo non ha nulla a che vedere con uno stato che si vuole
definire democratico, ma è la sua esatta negazione dal momento che: Democrazia
significa “rispetto della dignità della persona[31],
anche di una
sola persona.
Articolo apparso sulla rivista Diritto, Politica & Società dell'Accademia del diritto di Coscienze in rete.
[2] Ibidem
[4] Artt. 3 e 5
della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali;
artt. 4 e 6 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea
[6] La tratta degli schiavi
inizialmente in mano agli olandesi e poi agli inglesi, dopo la rivoluzione
americana diviene appannaggio soprattutto del nuovo mondo.
Una manodopera a
basso costo che comportava non pochi svantaggi al prezzo delle merci
commerciate dall’Europa. Ed ecco che nell’Ottocento il diritto internazionale
incomincia ad interessarsi dell’individuo stipulando convenzioni contro la
tratta degli schiavi non tanto per tutelare i diritti umani, quanto perché gli
stati europei volevano fermare il flusso di manodopera a basso costo. Un
attenzione decisamente tardiva ed assai interessata se si pensa che nel 1800
erano stati condotti in schiavitù nelle Americhe da dieci a quindi milioni di
persone e che nel corso di quel secoli in cui anche gli europei traevano vantaggio
da quel commercio si calcola siano stati uccisi o ridotti in schiavitù almeno
50 milioni di esseri umani. (cfr. Howard Zinn, Vi racconto l’America, ed. Tropea, pg. 25)
[7] Antonio Cassese,
L’esperienza del Male, Il Mulino,
2011: “La convenzione sulla tortura è un
testo nato su iniziativa del governo svizzero, spinti a sua volta, e in modo
decisivo, da un privato, il banchiere Jacques Gauthier che aveva lavorato nella
croce rossa internazionale. In quella occasione mi sono reso conto dell'importanza
dell'impulso tenace ed accanito dato da un privato ad una importante iniziativa
internazionale”
[9] Ibidem
[10] In http://www.societacivile.it/, focus, articoli, Abu Omar, il corpo del reato di
Gianni Barbacetto e Paolo Biondani
[12]
Il suo avvocato, Franco Coppi,
afferma che il suo assistito è impossibilitato a difendersi: il segreto di
Stato glielo impedisce. Lo diciamo subito: non è vero. Il diritto alla difesa è
un diritto costituzionalmente garantito ai sensi dell’art. 24 comma 2 e 111
commi 3 e 4 Cost. e la rivelazione del segreto di Stato, da parte dell’imputato, è scriminata
ai sensi dell’art. 51 c.p. a condizione che sia essenziale per la prova della sua innocenza. Quindi Pollari può utilizzare
tutte le carte che vuole per difendersi, anche quelle coperte dal segreto di
Stato.
[13]
L’ex presidente della Repubblica
Francesco Cossiga presenta alla Procura una denuncia, contro tutti i magistrati
e i responsabili delle forze dell'ordine coinvolti nell'inchiesta sul Sismi,
per aver violato, con uno o più atti criminosi, volti all'unico obiettivo di
procacciarsi, acquisire, utilizzare e divulgare fatti, notizie e informazioni
coperte da segreto di Stato, per fini politici o di lucro, alcuni articoli del
codice penale[13], mentre come d’incanto i
giornali, quasi quotidianamente, pubblicano notizie allarmanti di probabili
attacchi terroristici nel nostro paese. Per non parlare poi degli attentati
terroristici che proprio in quel periodo verranno sventati dall’encomiabile
operato dei nostri servizi in mezza Italia: Milano, Roma, Torino, ecc..
Peccato che anche qui le false notizie siano numerose (es. l’informativa del Sismi sul ‘centro di addestramento per kamikaze’ o imminenti attacchi alla stazione di Milano mediante valigie bomba, ecc..
Peccato che anche qui le false notizie siano numerose (es. l’informativa del Sismi sul ‘centro di addestramento per kamikaze’ o imminenti attacchi alla stazione di Milano mediante valigie bomba, ecc..
[16] Un trattato è
nullo se, al momento della sua conclusione, esso è in contrasto con una norma
imperativa di diritto internazionale generale. Ai fini della presente
Convenzione, una norma imperativa di diritto internazionale generale è una
norma accettata e riconosciuta dalla comunità degli Stati nel suo complesso
come una norma a cui non è consentita alcuna deroga e che può essere modificata
solo da una norma successiva di diritto internazionale generale della stessa
natura
[19] Giovanni Salvi,
Consiglio d’Europa e segreto di stato, in www.europeanrights.eu/public/commenti/Salvi_int._ITA.doc
Risoluzione n. 1507/2007 …
[23] il
segreto di Stato non è stato apposto sul reato di sequestro di persona, bensì
soltanto sulle fonti di prova attinenti a rapporti tra Servizi italiani e
stranieri
[25] Ecco il contenuto di alcuni rapporti
inviati da Pio Pompa a Pollari: "Il segreto è il punto di forza di ogni
mutamento”; "Individuazione delle aree e di soggetti in grado di
intervenire in termini "non convenzionali" nelle scelte, nelle
decisioni da assumere e/o per l'ostruzionismo delle stesse."
[28] Risoluzione
1551/2007: “Il legittimo interesse dello
Stato a proteggere i segreti d’ufficio … non deve divenire un pretesto per
restringere indebitamente la libertà di espressione e di informazione, la
cooperazione scientifica internazionale e il lavoro dei legali e degli altri
difensori dei diritti umani” (punto 1) “…
devono poter svolgere il loro indispensabile ruolo nello stabilire la verità e
nel far sì che i responsabili di violazioni di diritti umani ne rispondano,
senza che essi stessi debbano temere una sanzione penale” (punto 4).
Salve Solange. Non perdo tempo in complimenti. Mi rendo conto che è passato molto tempo.Perchè non tieni delle conferenze su quello che ci hanno spacciato per Risorgimento? Grazie.
RispondiEliminaBuongiorno Antonio, scusa il ritardo nella risposta. Hai ragione, sarebbe interessante, chissà che un domani non lo faccia. Nel frattempo, ti consiglio un bellissimo libro sull'argomento: "Memento domine" di Dora Liquori. Un caro saluto
RispondiElimina